Milanesi
al ciento pe’ ciento
Mi sovviene un film del 1982, una commedia
leggera, dal titolo “Si ringrazia la Regione Puglia per averci fornito i
milanesi”. Rientra in un genere di comicità che all’epoca riscuoteva un
discreto successo, testimoniato dal veloce diffondersi delle battute nello slang
appulo-lombardo inventato e portato in auge da Diego Abatantuono ed altri,
al Derby Club di Milano. Da molti anni quel tipo di umorismo non piace
più, anzi disturba.
È una domenica sera come tante. Il movimento
ai gates in aeroporto è frenetico, tutti i voli sono prenotati con
anticipo di mesi. La stragrande maggioranza dei viaggiatori è costituita da giovani
salentini che lavorano per imprese settentrionali e vivono al Nord. Negli occhi
umidi dei genitori da cui si separano leggo sentimenti di frustrazione, di
rassegnazione, spesso di rabbia (quella di chi scrive queste trascurabili note).
Anni di cure parentali e, aspetto secondario in confronto a quello affettivo ma
non per questo meno degno di attenzione, di investimenti in formazione e
sacrifici, per poi vedere la meglio gioventù contribuire al
benessere settentrionale e volatilizzarsi nelle nebbie padane legami familiari
e speranze.
Il refrain è “Qui non c’è lavoro”, e
su tale apodittica sentenza potremmo discutere per anni. Il conoscere,
piuttosto, le cause storiche di questa nostra “minorità” economica, naturale o indotta
che sia, equivarrebbe ad aver già risolto la “questione meridionale”. Cosa che
non si vuole, perché i 70 miliardi di euro in prodotti e servizi che il Sud
“colonia interna” acquista annualmente dal Nord non siano scalfiti neanche in
minima parte.
“Le lacrime che dai nostri occhi/vedrete
sgorgare/non crediatele mai/segni di disperazione/promessa sono
soltanto/promessa di lotta”. In ricordo perenne di Alexandros Panagulis.
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