Mi assimilo a quest’ultima tipologia umana, dopo aver riletto il mio intervento precedente su questo foglio. Chiedo venia se ho dovuto adattare una prosa che tutti vorremmo non aulica, ma almeno corretta, alle novelle boccaccesche del signore ancora persuaso di rappresentare gli Italiani. Convengo che il commento alla politica nazionale sia diventato volgare pettegolezzo, esercizio mentale di impegno minimo e nessun valore culturale. Vorrei mi guidasse il Roland Barthes del “Grado zero della scrittura” quando tento di raccontare asetticamente il “grado zero della politica” italiana, regredita all’età della coprolalìa ma senza la purezza infantile del bimbo di pochi anni.
Perciò riprovo a parlare di Politica. L’imminente crisi di governo instilla frenesia solo negli addetti ai lavori, preoccupati della propria sopravvivenza. Più saggiamente, i cittadini hanno capito da tempo che non la sostituzione del presidente del consiglio, non il cambio del colore di una coalizione, potranno migliorare per via taumaturgica lo stato generale del Paese ed il livello economico delle famiglie: la crisi è nel sistema, collassa l’intera impalcatura istituzionale. Per questo la gente a volte ostenta indifferenza, più spesso fastidio, verso tutti i politici di tutti i partiti, senza eccezioni.
Nei dettagli: la congiura di palazzo che si ordisce in questi giorni non è un episodio ma affonda le radici in tradizioni consolidate nel tempo e costituisce un singolo tassello di un mosaico più grande. “Veramente più volte appaion cose che danno a dubitar falsa matera per le vere ragion che son nascose.” (Purg. XXII 28-30). È pacificamente accettata la tesi che da prima dell’unità gli avvenimenti italiani siano eterodiretti da un’accorta regia straniera (con l’ovvia eccezione del vituperato ventennio) in favore di interessi sovranazionali. Questi interessi sono il movente della prossima destituzione dell’attuale premier, non abbastanza manovrabile ed anzi in qualche caso pericolosamente ribelle (amicizie ed affari energetici con Libia e Russia). Al governo “devono” andare invece supini esecutori delle direttive americane, per gestire un’altra stagione di tensioni economiche, sociali e politiche, come sta succedendo in Grecia, Portogallo ed Irlanda: crisi di cui approfitteranno i soliti burattinai che l’hanno provocata ad arte per impadronirsi ancor di più della nostra economia, presentandosi come salvatori della Patria. Potremmo veder passare in mano straniera gruppi televisivi, assicurazioni e banche, catene di distribuzione ed industrie, con ulteriori perdite di posti di lavoro. È una storia dall’epilogo già scritto, facilmente pronosticabile.
Nel frattempo noi sudditi dell’Impero “Si sta come d’autunno sugli alberi le foglie”.