sabato 27 ottobre 2012

Il Galatino anno XLV n° 17 del 26 Ottobre 2012


Popper al vento (e Platone guarda)

Della politica si è detto tutto, o quasi. È difficile discuterne secondo le categorie morali correnti, piuttosto elastiche. Conviene allora ritrovarci alla scuola di Platone,  colà portati per mano da Karl Popper. Del filosofo austriaco ci viene riproposto un “bignami” sulla democrazia, bugiardino contenente avvertenze ed istruzioni d’uso del medicinale (in caso di sovradosaggio, consultare immediatamente il medico).
I due eleganti gentiluomini, a distanza di 2500 anni l’uno dall’altro, ci propongono la stessa luccicante mercanzia: un concetto aristocratico del governo, secondo cui i migliori (nessuna indicazione sul come sceglierli) dovrebbero amministrare lo Stato. Una repubblica ideale che però, ne converrete, contrasta alquanto con lo spettacolo offerto dalla variopinta fauna asserragliata nei due rami del parlamento e sui colli fatali, e  lì insediata per meriti di clan o di letto. Una casta che in discreta percentuale (20%, voglio essere buono) risulta sottoposta ad indagini della Magistratura per reati i più vari, generalmente riguardanti corruzione o disinvolta gestione del pubblico denaro: le mie, le vostre tasse. Ciò non impedisce loro di sostenere un governo non eletto da volontà popolare ma imposto dai poteri stranieri, quelli che hanno affossato la nostra economia per fagocitarla per pochi soldi. È esattamente la degenerazione della democrazia descritta da Platone, che infatti la aborriva. Ne consegue che il “governo del popolo” in questo Paese è qualcosa di profondamente diverso da quanto teorizzato dal filosofo greco, è una involuzione antropologica: da Ferruccio Parri a Mario Monti, dai maestri del diritto ai “dritti” del rovescio finanziario.
Siccome il potere dovrebbe promanare dal popolo verso i governanti, che lo deterrebbero pro tempore in nome e nell’interesse del popolo; e siccome “Amicus Plato, sed magis amica veritas”, lascio al lettore il piacere di scoprire la sua verità sullo stato delle cose. Io una mia idea ce l’avrei, ma è politicamente scorretta e la tengo per me.

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