sabato 14 novembre 2009

Il Galatino anno XLII n° 18 del 13 Novembre 2009

Halloween ha imperversato anche quest’anno, purtroppo. Ci sarebbe tanto da dire sulla più stupida festa importata (imposta, per essere precisi) dai Paesi anglosassoni, del tutto estranea alle nostre tradizioni culturali e religiose. Si è cercato da più parti di affibbiarle ascendenze nobili, andando a ricercare improbabili origini mediterranee. In realtà è rito silvestre e barbarico, nel senso storico e semantico, pre-cristiano, con risvolti postumi di tipo satanista che sarebbe lungo e tedioso raccontare.
Fatto sta che in questa colonia angloamericana che chiamiamo Italia, la deteriore subcultura proveniente da oltreoceano diventa legge: “lo dice la TV”, la carnevalata novembrina si deve celebrare a tutti i costi, in nome del sacrosanto diritto acquisito di fare casino, abbigliandosi con costumi da streghe e zombi acquistati saccheggiando il borsello di mammà. Quest’anno l’americanata stile galatinese ha seguito il programma previsto: raid e scampanellate notturne con l’immancabile idiota richiesta “Dolcetto o scherzetto”, seguite da lancio di uova su portoni e vetrine di bar e negozi. Una sede di partito è stata vandalizzata, ma non possiamo nobilitare il fatto commentandolo come azione politica. Accanirsi contro un luogo dove persone si incontrano e scambiano idee pacificamente, sia esso un movimento politico o un’associazione culturale, spiega in re ipsa la miseria del gesto e di chi l’ha compiuto. Siamo un gradino più in basso del Sapiens sapiens nella scala evolutiva. Detto questo, è sin troppo facile prevedere l’escalation dell’Halloween 2010. Sarà un coprifuoco tale da consentire una guerra per bande giovanili e conseguenti devastazioni urbane. Il modo per evitare lo scempio ci sarebbe: inibire tout court la celebrazione. Sono cosciente di averVi divertito con questa lieve facezia, perché 1) il modo più efficace per diffondere una qualsiasi scemenza in Italia è proibirla e 2) nel Paese che si è trasformato da culla a tomba del diritto, dal 1968 è vietato vietare.
Un bell’articolo sull’ultimo numero de “il filo di Aracne”, ricorda il valore educativo dell’antica manu ‘mbersa, schiaffo col dorso della mano. Un buffetto morbido, se dosato con grazia. Modo semplice, innocuo, diretto, per far capire al ribelle pargolo che ha bagnato fuori dal vasino.
Dio ne scampi!, al genitore che volesse in tal modo far desistere la prole dal celebrare Halloween et similia barbarica, insegnando che “quello che fanno tutti” non sempre è giusto. Quel padre potrebbe incorrere nelle sanzioni previste dal nostro prudentissimo codice, per eccesso colposo di mezzo correttivo. Per educare, basti l’esempio dei genitori, dice il legislatore.
Compito arduo, per chi si trovasse nella posizione scomoda del tale bloccato in ufficio al momento di ricevere una busta contenente denaro avuto per un incarico, diciamo così, contra legem.
Oppure per quel padre di famiglia famoso, che crude immagini rubate hanno immortalato, invece che nel talamo coniugale, col naso imbiancato di neve in discinta compagnia di amici/amiche transitanti nottetempo tra via Cristoforo Colombo e signorili abitazioni romane.
Risposta a Cosmo Beccarrisi
Pasquino non è quello che voglia esibire una cultura che non possiede, né del resto chi lo legge abitualmente aspetta altro che una “nota emotiva” e (riuscendoci) umoristica propria di quella statua romana, naturalizzata galatinese.
Riguardo la festa di Halloween, la pasquinata liberamente espressa ed altrettanto censurabile affermava che noi Italiani, esterofili inguaribili ed acritici, ci impossessiamo di usi e tradizioni straniere di cui poco o nulla sappiamo, e che non fanno parte della nostra cultura.
Chi scrive ha parenti in America, nella Los Angeles multietnica ma anche nel freddo nord WASP (bianco, anglosassone, protestante); vi ha soggiornato, conosce la “vera” Halloween, celebrazione antica risalente ai Celti (quindi pre-cristiana e “barbarica” nel senso etimologico), quando bambini in maschera, rigorosamente accompagnati dai genitori, per poche ore bussano alle porte accolti nella maniera solita, con dolciumi. Ha questa festa di allegria macabra qualcosa da spartire con le intemperanze dei giovani che il 31 ottobre impazzano tutta notte per le strade italiane, ignoranti di quella tradizione esotica? Ha niente a che vedere con i casi di messe nere associati alla celebrazione (cronaca documentata)? Questo soltanto chiedeva Pasquino, alla sua maniera.
Halloween ci è estranea perché importata di recente e, more solito, “corrotta” secondo nostra usanza. Aggiungo, se è concessa un’osservazione personale, che il nostro Paese vive, è vero, in un contesto occidentale multiculturale: avendo però annullato quasi del tutto la propria identità tradizionale, sacrificata a quella anglosassone imperante dal 1945 e da noi malamente assimilata come cultura “vincente”, quindi a torto ritenuta superiore. Se questo sia un bene, è giudizio che lascio ai Lettori. Con albagia british, a Londra e Washington direbbero che noi siamo neither fish nor flesh. Abbiamo sommato il peggio di ogni cultura, ma è questione che porterebbe lontanissimo. Potremmo affrontarla, se piacesse.
Erano barbari i Celti, per i Greci e poi anche per i Romani: barbari, cioè letteralmente “coloro che balbettano”. Al confronto con le eufoniche lingue nobili, parendo quelle dei popoli sottomessi indecifrabili sequenze di fonemi gutturali, incapaci di capolavori degni dell’Odissea o trattati filosofici paragonabili al De natura deorum.
Che fosse popolo a suo modo sviluppato, è fuor di dubbio: nelle arti, nel commercio, in una moderatamente evoluta organizzazione della società, nella religione. Non è un caso che gli ideologi della Lega Nord abbiano attinto a piene mani a quella cultura, contrapponendola alla “romanocentrica” latinitas, per nobilitare un movimento politico le cui espressioni più veraci oltrepassano abitualmente il confine tra spontaneità e volgarità. Resta comunque scolpito, nell’immaginario collettivo, il sorriso ebete del ragionier Brambilla con l’elmo cornuto in testa, nella spianata di Pontida. O quanta species
Sappiamo che nella religione celtica rivestiva grande importanza il culto dei morti; anche dalla loro festa del Samhuin (fine dell’estate) in cui li veneravano, discende alla lontana Halloween. Ma non è ancora dimostrato che quello per i Lari ed i Penati, numi tutelari del focolare domestico dei Romani (nostri padri, si dice), fosse un culto minore. Anzi.
Ancora: il compianto professor Luigi Vantaggiato, ai miei tempi illustre quanto austero insegnante di storia dell’arte al “Pietro Colonna”, non ricordo abbia mai accennato a reminiscenze celtiche nell’architettura sacra romanica. Devo aver perso quella remota lezione o mi sarò distratto sbirciando una compagna carina: entrambe le ipotesi sono verosimili, la seconda più probabile.
Concludo. È un mio limite intellettuale, lo riconosco onestamente: rifiuto il moderno italico costume di abdicare alla nostra cultura ed alle nostre tradizioni in favore di anglofile rimasticazioni pappagallesche; combatto una resistenza autarchica contro il falso mito che il sapere che ci viene inculcato d’oltreManica e d’oltreoceano costituisca il non plus ultra della civiltà. Così fosse, non si vede il motivo di esportare queste splendide democrazie manu militari.
Mi sento idealmente più vicino al saggio Claudio imperatore che alla sua contemporanea Cartimandua regina dei Celti e, de leviora, il salentino sciacuddhri mi diverte più di elfi e fatine.
Il mio “dolcetto” non saranno gli orridi marshmellows ma saporitissime cartellate; lo “scherzetto” che Vi faccio è dar voce a questo insolito, serioso Pasquino, vestito impropriamente da saputello pedante. Ve ne chiedo scusa.

P.S. La dicitura esatta è “Trick or treat”: per amor di precisione

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