Ieri Nichi Vendola ha vinto con largo margine le primarie pugliesi per la designazione del candidato della Sinistra alle prossime elezioni regionali. Esprimo alcune considerazioni personali al riguardo.
La prima è che non devono meravigliare sia l’avvenimento che le percentuali della vittoria. Innanzitutto, a parere di chi scrive, c’è un forte rifiuto verso i maggiorenti di quel partito che sono giudicati (a torto od a ragione) distanti dalle vere esigenze della gente e presi da incomprensibili giochi di potere ed “inciuci” con la parte politica avversa. Prova ne sia che nella roccaforte gallipolina, proprio il candidato dalemiano ha ricevuto una severa sconfitta. Non stupisce che ad un giovane in gamba come Boccia sia stato preferito il governatore uscente. Il ragazzo di bottega di D’Alema sconta questo suo padrinaggio politico.
L’altro aspetto, in un certo senso il rovescio della medaglia, è che quel candidato che si mostri all’elettorato come vessillifero del “nuovo” e del “puro” ha indiscutibilmente un punto a suo favore, a prescindere, come direbbe Totò. Pescare nella delusione dell’elettorato, mostrarsi “contro” i poteri consolidati veri o presunti, ergersi a paladini della legalità: tutto ciò porta consenso facile.
Il gioco è riuscito a Vendola per ben due volte nel confronto a sinistra, e l’onda lunga dell’entusiasmo lo ha premiato anche contro l’allora governatore uscente del centrodestra Raffaele Fitto. Staremo a vedere quest’anno: l’esperienza insegna che il malcontento popolare tende a punire quasi sempre chi ha amministrato, indipendentemente dai risultati di governo. Si aggiunga che stavolta c’è un terzo incomodo impersonato dalla Senatrice Poli Bortone, che di certo sottrarrà voti cattolici e moderati ad entrambi gli schieramenti maggiori.
Non vedo comunque cosa possa cambiare per la nostra Galatina, emarginata persino in governo provinciale. Sarebbe bello poter avere nostri concittadini che rappresentino in Regione le necessità cittadine. Temo invece la solita, masochistica frammentazione del voto.
Spero di non dover dare, ancora una volta, ragione al mio vecchio, quando descrive il Galatinese come “lu ciucciu de lu Pizzallì”: un asino macilento che, trainando un carretto per le vie dissestate della città vecchia, inciampava sempre nelle stesse chianche.
La prima è che non devono meravigliare sia l’avvenimento che le percentuali della vittoria. Innanzitutto, a parere di chi scrive, c’è un forte rifiuto verso i maggiorenti di quel partito che sono giudicati (a torto od a ragione) distanti dalle vere esigenze della gente e presi da incomprensibili giochi di potere ed “inciuci” con la parte politica avversa. Prova ne sia che nella roccaforte gallipolina, proprio il candidato dalemiano ha ricevuto una severa sconfitta. Non stupisce che ad un giovane in gamba come Boccia sia stato preferito il governatore uscente. Il ragazzo di bottega di D’Alema sconta questo suo padrinaggio politico.
L’altro aspetto, in un certo senso il rovescio della medaglia, è che quel candidato che si mostri all’elettorato come vessillifero del “nuovo” e del “puro” ha indiscutibilmente un punto a suo favore, a prescindere, come direbbe Totò. Pescare nella delusione dell’elettorato, mostrarsi “contro” i poteri consolidati veri o presunti, ergersi a paladini della legalità: tutto ciò porta consenso facile.
Il gioco è riuscito a Vendola per ben due volte nel confronto a sinistra, e l’onda lunga dell’entusiasmo lo ha premiato anche contro l’allora governatore uscente del centrodestra Raffaele Fitto. Staremo a vedere quest’anno: l’esperienza insegna che il malcontento popolare tende a punire quasi sempre chi ha amministrato, indipendentemente dai risultati di governo. Si aggiunga che stavolta c’è un terzo incomodo impersonato dalla Senatrice Poli Bortone, che di certo sottrarrà voti cattolici e moderati ad entrambi gli schieramenti maggiori.
Non vedo comunque cosa possa cambiare per la nostra Galatina, emarginata persino in governo provinciale. Sarebbe bello poter avere nostri concittadini che rappresentino in Regione le necessità cittadine. Temo invece la solita, masochistica frammentazione del voto.
Spero di non dover dare, ancora una volta, ragione al mio vecchio, quando descrive il Galatinese come “lu ciucciu de lu Pizzallì”: un asino macilento che, trainando un carretto per le vie dissestate della città vecchia, inciampava sempre nelle stesse chianche.
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