venerdì 11 dicembre 2015

Il Galatino anno XLVIII n° 20 dell' 11 dicembre 2015

Pensieri sparsi di Natale

Anche per queste feste gli addobbi stradali saranno a cura degli esercenti, come già avviene da anni in maniera sempre più evidente. Siamo ormai assuefatti a queste festività in tono minore e non facciamo caso al declino progressivo, inarrestabile, del fasto natalizio. Le amministrazioni non possono destinare che somme poco più che simboliche alle parazioni, per usare il termine popolare in uso tra noi Salentini. Va così, s’impone adeguarsi al clima economico ed indirizzare soldi pubblici verso altre e più nobili cause. Esempio fra i tanti? Il nuovo aereo del nostro adorato Presidente del Consiglio (sia gloria a Lui in ogni tg ed ogni pagina di giornale), uno di quei casi umani in cui lo splendore di ciò che si mostra vorrebbe mascherare l’inconsistenza di quel che si è.
Qualche preside sovversivo, con sommo sprezzo del pericolo, continua a pretendere l’allestimento dell’albero di Natale e del Presepe nell’atrio della scuola. L’esecrando gesto è additato alla disapprovazione generale: non sia mai che una moderna civiltà europea e laica che voglia definirsi tale offenda con anacronistiche tradizioni la sensibilità delle minoranze.

In altri Stati, in cui la gestione della cosa pubblica è demandata a persone che difendono strenuamente la cultura nazionale (non religiosa tout court, si badi bene), e non invece come qui dove eunuchi - intellettualmente parlando - stabiliscono la correttezza o meno della convivenza civile; in quelle Nazioni, dicevo, gli ospiti sono rispettati ma rispettano la società ospitante, che li accoglie con generosità e larghezza di mezzi economici. Da noi il cupio dissolvi è legge.

lunedì 30 novembre 2015

Il Galatino anno XLVIII n° 19 del 27 novembre 2015

A mente fredda

Nulla può giustificare la violenza, in modo particolare quella violenza vigliacca ed indiscriminata che colpisce innocenti. 
Se è questa la logica che guida pensiero e sentimento di noi occidentali, ne consegue che dobbiamo condannare ogni azione di guerra contro i civili, anche le missioni partite dai nostri aeroporti durante la guerra nella ex Jugoslavia, sotto un governo che si definiva di sinistra, quindi in teoria difensore del popolo, di tutti i popoli. Dobbiamo condannare anche i bombardamenti francesi sulla Libia al tempo di Gheddafi e sulla Siria di Assad, non per caso nazioni non allineate alla politica euroamericana ma soprattutto paesi produttori di petrolio (Libia) o crocevia di oleodotti-gasdotti (Siria). Dobbiamo dissociarci dall’uso delle “bombe intelligenti” americane cadute su scuole ed ospedali in Medio Oriente, poi chiamate con cinismo “danni collaterali”. E, forse, smetterla di vendere armi di nostra produzione ai paesi Africani e Mediorientali. 
Soprattutto dovremmo chiederci se la politica occidentale sia votata all’affermazione della libertà oppure allo sfruttamento delle risorse dei paesi “liberati” attraverso finte rivoluzioni; se ogni paese, ogni popolo, abbiano diritto di evolvere autonomamente senza interventi esterni, e con il governo di cui ogni popolo decida di dotarsi. 
Detto questo, potremmo dare una risposta definitiva al problema se l’Islam sia compatibile o meno con la democrazia, noi “dialoganti” con l’Islam moderato. Domandarci se la nostra tolleranza sia ancora la nostra forza oppure il cancello aperto ad un’invasione demografica. Perché siamo avvisati, come diceva Al Zawahiri (n° 2 di Al Qaeda), che “Grazie alle vostre leggi democratiche vi invaderemo, con la nostra legge islamica vi sottometteremo”. Per nostra legge si intende la Sharia, pur variamente interpretata, quasi sempre in modo distorto ed integralista. E la Sharia prevede la conversione forzata all’Islam di cristiani ed ebrei o la loro soppressione. Ora, siccome ogni donna italiana genera in media 1,3 figli contro i 4 delle immigrate, si vede che nel giro di pochi anni questo paese sarà a maggioranza islamica.  
Per alcuni non sarebbe un problema, e sono curioso di ammirare l’accogliente (con le risorse degli italiani) on. Boldrini ed altre missionarie dell’integrazione devotamente coperte dal “burqa”, il velo integrale. Il contrappasso sarebbe giusto e democratico. O no? 


venerdì 13 novembre 2015

Il Galatino anno XLVIII n° 18 del 13 novembre 2015

Lo cunto de li "cunti"

Nel palazzo di Via Umberto
già da un po' che non si dorme:
han trovato uno scoperto, 
una falla, un buco enorme.

Chi è l'autore del casino?
Né la Sandra, né Giancarlo
né tampoco il buon Mimino.
Sarà stato forse un tarlo?

O magari lo sciacuddhi?
Dice: "Son otto milioni",
soldi sono, mica tuddhi!
Non intende più ragioni,

vuol saper la Corte dei Conti
dove stanno quei denari.
Questi fanno i finti tonti
e continuan con gli affari.

Fare come niente fosse
è furbizia sopraffina.
Quante imposte non riscosse!
Così affonda Galatina...

venerdì 6 novembre 2015

Il Galatino anno XLVIII n° 17 del 30 ottobre 2015

L'auto del popolo è in panne

Lo scandalo Volkswagen avrà un impatto importante sull'economia tedesca ma anche sull'intera Europa. Le cifre dicono che nella sola Italia l'indotto relativo sia molto superiore al miliardo di euro, tra industria della componentistica ed organizzazione di vendita ed assistenza. Si intuisce facilmente il pericolo – soprattutto in termini sociali – di un eventuale tracollo della casa tedesca che proprio quest'anno ha superato Toyota come primo produttore mondiale di autoveicoli.
Resta da chiedersi quale sia il motivo per cui la questione (peraltro già nota e nascosta da anni) sia esplosa prima negli Stati Uniti per propagarsi veloce al resto del mondo. Non volendo essere tacciati di complottismo e dietrologia, accuse che colpiscono immancabilmente chi cerchi di indagare sulle origini dei problemi senza limitarsi a ciò che appare, riportiamo alcune voci. All'establishment americano non sarebbe piaciuta la recente inaugurazione di un impianto produttivo VW in Russia, il paese avversario che si tenta inutilmente di indebolire con sanzioni economiche. E soprattutto sarebbe stata vista con sospetto l'adesione tiepida – quando non la decisa contrarietà – della Germania a queste sanzioni.
Altra indiscrezione vorrebbe che lo scandalo sia una apertura definitiva verso veicoli ad emissioni zero. Un bene per l'ambiente, senza dubbio.
Va detto che al momento l'unico marchio di auto dalla tecnologia esclusivamente elettrica (quindi ad inquinamento zero) è americano, con cifre ancora modeste di produzione e vendita – stanti gli alti costi – ma con prospettive di crescita considerevoli.
Una combinazione, certo, però tempi e scenario dello scandalo legittimano l'ipotesi di un complotto.

sabato 17 ottobre 2015

Il Galatino anno XLVIII n° 16 del 16 ottobre 2015

Sullo stato della città

La passione civile e l'amore per la propria terra trovano ancora rifugio in qualche animo generoso, nonostante le sferzate continue della cosiddetta politica. Ho intrattenuto via email uno scambio d'opinioni stimolante con un imprenditore molto noto qui a Galatina: non ne rivelerò il settore d'attività per non farlo identificare, ma potrebbe facilmente rappresentare chiunque abbia un'azienda.
Ho letto parole di delusione e rabbia per quello che si dovrebbe/potrebbe fare e non si fa in aiuto della piccola e media impresa, quindi in sostanza dell'intera economia locale. Che significa posti di lavoro, stipendi, denaro che “gira” e vivifica la città, giovani che restano e non emigrano, ricchezza che rimane e si riproduce a beneficio di tutta la collettività galatinese. Ho letto neanche tanto velate accuse all'immobilismo ed all'indifferenza verso un corretto - quindi rispettoso della legge e dell'etica – governo dell'ente locale. Ho letto infine la richiesta di azioni virtuose, esemplari, nella gestione della macchina amministrativa. Coincide quasi interamente con l'elenco di ciò che da mesi il nostro Direttore riporta come un decalogo nella prima pagina del quindicinale. Misure minime di buon senso ed affetto per la città.
A parziale discolpa di chi amministra, ho risposto al mio interlocutore che da anni, risaliamo al periodo successivo a Mani Pulite, quindi al 1992, la politica nazionale è stata esautorata in favore di cosiddetti “governi tecnici” non eletti: ovvero i piazzisti dell'economia italiana svenduta pezzo per pezzo al capitale straniero, in primis quella Germania che è la sola beneficiaria dell'introduzione dell'euro. Ho raccontato che la tanto sbandierata cessione di sovranità all'Europa – molto cara ai vari presidenti della cosiddetta Repubblica venuti dopo Pertini – altro non è che lasciar condizionare le nostre esistenze dal presidente della Banca Centrale Europea, quindi un asettico ragioniere, un non eletto, alla stregua di un monarca assoluto medievale. Qualche buontempone chiama ancora nazione, con marcato accento toscano, questa colonia poco dignitosa: una pallida imitazione di democrazia, una parvenza di “Stato sovrano”. Applausi, risate.
Ne deriva che qui a Galatina, come in tutte le periferie, i soldi che arrivano sono e saranno sempre meno, non essendoci più una banca nazionale che possa liberamente stampare banconota, emessa senza debito, per le esigenze dello Stato. Perciò le risorse erogate col contagocce vanno gestite con oculatezza, ricercate con progetti di scopo ben precisi, intercettate – purtroppo – anche con furbizia per non farle dirottare in realtà locali ben più piccole di Galatina ma politicamente meglio organizzate, più “ascoltate”.
Si fa a Galatina tutto ciò, anzi aggiungo: si può fare, militando come obbedienti soldatini nel partito o nei partiti della disfatta nazionale?


sabato 3 ottobre 2015

Il Galatino anno XLVIII n° 15 del 25 settembre 2015

Sei scarafaggi in cerca di liquore

Raccontano che alle 4 di un afoso mattino estivo, di ritorno dalla Notte della Blatta, un gruppo di scarafaggi si ritrovi a far bisboccia nei pressi della saracinesca abbassata del pub in piazza, tra le bottiglie di birra abbandonate ed i residui di fritture. Dicono che il tasso alcoolico del gruppo sia già del tipo “ubriachezza modesta”, terzo di sei livelli dopo “alito vinoso” ed “andante con brio”, ma prima di “catalessi stuporosa” (connaturato ad alcuni che 'ngiuriano presidenti del consiglio, mai pe cabbu).
Dicono pure che il sestetto eterogeneo si componga di due turisti napoletani, Gennariello Scarrafone e signora Nunzia Scarrafa; di una coppia salentina, Salvatore Malo – Malo Totu, per gli intimi – e moglie Malo Tina; ed infine del romano on. Bache Rozzo, gruppo misto al Senato Insetti Democratici Perfetti, in compagnia di John Paul Beatle, professore americano di tecnologia agricola ed alto dirigente di Montesanto, multinazionale della chimica. Questi ultimi due, “compagni di merende” in affari molto poco leciti, Xylella in primis.
Testimoni riportano frammenti di conversazione della variopinta combriccola. Totu, marinaio in pensione e coltivatore per diletto del suo piccolo uliveto di famiglia: “Professore, le parole nu' binchianu ventre. Ma quale Zi' Nella e Zi' Nella, lassa stare la bonanima c'ave de moi ca sta face terra 'pe ciciari! Sono 2500 anni che curiamo i nostri ulivi alla manera de li 'ntichi e non abbiamo mai avuto problemi. Làsciatelo dire da me che non tengo cultura, comu signurìa, ma ho girato il mondo, da Venezia e tutto il Venezuela sino al Mar Glaciale Catartico. Quindi, non scassare li...” (segue caratteristico termine dialettale indicante il Muscari Comosum declinato al plurale).
La risposta dell'americano, tradotta letteralmente dal viscido onorevole, è cinica e definitiva. “Voi salentini volenti o nolenti, caro Totuccio, sradicheremo i vostri vecchi ulivi mangiati dalla Xylella e li sostituiremo con i nostri OGM, inattaccabili dai parassiti che noi stessi abbiamo importato in Salento. Pagherete le piante quanto decideremo noi, se vorrete e ci riuscirete, oppure compreremo per quattro soldi i vostri uliveti. Lo sai, i pacchi di dollari fanno ancora miracoli: prima con l'Istituto Agronomico ed i suoi tecnici, poi con i politici e con le forze dell'ordine...ovviamente del “nostro” ordine!”. E via, risate e gomitate d'intesa tra il ricercatore e l'onorevole, sensibile tanto al dollaro quanto al dozzinale umorismo yankee.
Interviene breve e conciso Gennariello, con popolaresca arguzia partenopea: “Stateve accuorte ca chisto è americano...è figlie 'e zoccola e v'impapocchia facile facile, accussì!
Proprio mentre il vivace scambio sta degenerando in colluttazione furibonda ed i sei sono quasi alle mani, anzi alle zampe, la sorte beffarda si veste della tuta arancione di un operatore ecologico armato di ramazza.
Cosimino lo spazzino individua il gruppo di scarafaggi e zumpa per schiacciarli con apprezzabile gesto atletico, mancandone quattro. La suola gommata scavazza solo l'americano ed il senatore sulle chianche umide dell'alba, producendo un suono di sinistra croccantezza.
La giustizia proletaria è implacabile e precisa. Ma solo nei racconti.

martedì 15 settembre 2015

Il Galatino anno XLVIII n° 14 dell 11 settembre 2015

Con decenza parlando

Ab antiquo e fino al periodo post bellico precedente il boom economico, presso le popolazioni rurali che allora costituivano la maggioranza, era familiare un manufatto in terracotta o metallo smaltato di forma cilindrica, con manici robusti e bordi superiori ripiegati, di fattura frugale e disadorna, avente altezza e solidità tali da consentirne l'utilizzo ad un adulto in postura seduta. La funzione del rustico arnese era esattamente quella che state immaginando.
Veniva in genere conservato in uno stanzino adibito all'uopo lontano dalle abitazioni, in ragione della intima e personalissima destinazione d'uso.
Si accenni necessariamente ma fugacemente – per non cadere nella didascalia e per non ingenerare nel lettore comprensibile disgusto – allo spargimento successivo del suo contenuto quale fertilizzante naturale. Tale abitudine, all'epoca del tutto ovvia, oggi otterrebbe ogni certificazione ecologica.
Ciò che descriviamo non costituisce esperienza diretta, nessuna prova “sul campo” quindi: ne siamo edotti dai racconti di una generazione che, o non è più, oppure ha la fortuna di aver raggiunto un'età venerabile in ottima salute di mente e di corpo. Forse anche grazie alla tempra di certe pratiche salutistiche.
Ora, premesso quanto sopra, è curiosità intellettuale del narrante risalire idealmente il percorso semantico che ha portato il lemma greco antico, indicante in origine una coppa in uso pure per libagioni sacre, a mutare significato nei secoli fino ad identificare una persona di scarsissime qualità morali; ed ai nostri giorni – invariabilmente – il politico tout court, senza distinzione di schieramento ed “ideale” (?).
Chi ha ipotesi plausibili si faccia avanti.


domenica 12 luglio 2015

Il Galatino anno XLVIII n° 12 del 10 luglio 2015

Fiesta

Luminarie, banda, processione dei Santi Patroni con codazzo impettito di padroni. Fasce tricolori, sciarpe Littorio, marescialli dei Reali Carabinieri, associazioni partigiane e sodalizi delle parmigiane, cavalieri di Vittorio Veneto, cavalieri della Repubblica, todos caballeros. Per grado d'importanza, corteo solenne delle autorità. In ordine di comparizione e veloce sparizione da atto di presenza, girato l'angolo della villa.
Responsabili femminili delle pari opportunità ed irresponsabili maschili di grande trivialità. Partito unico dell'ottimismo obbligatorio (“l'ottimismo è il profumo della vita”), amici e sottopanza di Matteo I il Meraviglioso, esponenti della minoranza dem e della finta opposizione, pie donne, pii uomini, pio tutto e porto a casa.
Giovani esuberanti in cerca di procaci esemplari femminili con cui condividere il patrimonio genetico, procaci esemplari femminili in cerca di patrimonio tout court, matrimoni combinati da mammà e papà “Tene li sordi, poi ti piacerà”.
Tarantate in versione ludico-pedagogica con ottima regia e rilevante presenza scenica dei protagonisti, ricostruzione fedele ad usum turistae, location impeccabile 'nnanti S. Vitu.
Bancarelle della schipece, passatiempi de lu Pappallollu, servola e kebab da gastronomia di strada globalizzata.
Giostre alla Fiera, fuochi in via Galatone, ritorno a casa a notte fonda nell'aria ammorbata da puzzo di arrosto e fritture, mescolato ad afrori di indubbia provenienza umana.

Fiesta di cui nulla resta (a parte un feroce mal di testa).

giovedì 2 luglio 2015

Il Titano - giugno 2015

Alma mater Messapia

Quando tutto sembra perduto,
terra, memoria, onore,
alza i suoi rami al cielo
l'ulivo millenario, e sorride
al sole che sorge ad oriente.

sabato 13 giugno 2015

Il Galatino anno XLVIII n° 11 del 12 giugno 2015

Tanto va lo schiavo all'urna che si sente Cittadino

Dice Epimenide che “I Cretesi sono bugiardi” e, lui cretese, si contraddice creando il paradosso che lo renderà famoso; ma non può immaginare che 27 secoli dopo, nella penisola italica, un'accademia di spudorati mentitori surclassi cotanto maestro in argomentazione capziosa.
Dicono tutti di aver vinto, con mimica facciale speculare ad altro “impresentabile” particolare anatomico: il bulletto presuntuoso che nel giro di un anno al governo ha ridotto il suo partito dal 40 al 24%, il vecchio leader in disarmo consigliato da interessate badanti, il pulviscolo centrista vendutosi ad ogni coalizione per una manciata di posti e pure i rivoluzionari un tanto al kilo, i laureati in Albania coi soldi di papà (cioè le nostre tasse).

Se ne deduce che i soli ad aver perso sono i Cittadini: tanto quelli che hanno fatto una commovente scelta di voto, quanto la restante metà che ha disertato le urne, colpita da nausea fisiologica. A tutti giunga la nostra seppur inutile solidarietà, ma in particolare al Popolo dello Stato Meridionale coglionato da Del Rio e dagli uomini.

sabato 30 maggio 2015

Il Galatino anno XLVIII n° 10 del 29 maggio 2015

Orate et votate fratres

Venga Padre, si accomodi”. Il prete entra e benedice casa e famiglia con l'aspersione d'acqua benedetta e la formula di rito. Preghiera, invocazioni e segno della croce concludono la breve, intima cerimonia.
Al momento del commiato, il sacerdote estrae dalla tasca della tonaca il santino e lo porge ai padroni di casa. Marito e moglie si guardano perplessi. “Fratelli, se non avete impegni...”
Il cartoncino affidato alle mani dell'incredula coppia non è l'immagine della Madonna né quella del Santo Patrono, e neppure dell'estasi mistica di Teresa d'Avila. Niente di tutto questo, trattasi di “santino” elettorale. L'aiuto delle gerarchie angeliche - serafini, cherubini, troni e dominazioni, e la moltitudine dei cori celesti all'uopo coalizzati - porterà all'elezione del candidato “unto del Signore”.
In tempo di consultazioni regionali, il pretino improvvisatosi agit-prop, avrà imparato a non scherzare coi politicanti, mentre tenta di praticare coi santi? Oppure ancora una volta, come anni fa, dovrà incassare il pittoresco invito della pasionaria locale a lasciare a Cesare quel che è di Cesare? 

domenica 10 maggio 2015

Il Galatino anno XLVIII n° 9 del 15 maggio 2015

Non è l'Oscar (ma gli somiglia un poco)

Alcuni anni fa, dalle colonne di un quotidiano on-line lanciammo la proposta semiseria dell'attribuzione di un premio all'esponente locale che si fosse maggiormente distinto per visibilità ed efficacia dell'azione politica. Chiamammo quel premio “Caput Mentulae”, con la convinzione (poi confermata dai fatti) che alcuni cultori della lingua latina – sia accademica che maccheronica – ne avrebbero apprezzato lo spirito satirico. In quel lontano 2010 l'ambìto, quantunque simbolico, riconoscimento venne attribuito per acclamazione popolare ad una politica nota tanto per il carattere estroverso e disinibito quanto per l'indiscutibile coerenza. Caso raro, militava e milita tuttora nello stesso partito, con una convinzione che le ha permesso l'arruolamento nel suo gruppo di esponenti locali di diversa provenienza e la candidatura alle prossime regionali. Chapeau.

Nella scia di quella trovata goliardica, ci piacerebbe che a fine anno – ma anche prima, acquisiti i responsi della prossima consultazione regionale – da queste pagine un'espressione di popolo, corale, sentita da tutti i Cittadini, indicasse tra i Nostri Cari il più meritevole quale portatore di voti per la causa altrui: al quale vincitore, in pompa magna, e magari nella splendida location del nostro piccolo Arco di Trionfo, quella Porta Luce onorata dalla presenza dei bidoni del pattume, oppure anche in piazza, con sfondo di Fontana a Secco del Martinez, sarà conferito il “Cane Valiò d'oro 2015”.

sabato 25 aprile 2015

Il Galatino anno XLVIII n° 8 del 24 aprile 2015

Questi fantasmi

Molti anni fa, un politico d'origine galatinese confessava con candore disarmante la sua repulsione a curarsi di cose locali, con una frase significativa che ricordo più o meno così: “Appena attraverso il passaggio a livello della via di Lecce, mi scurisce lu core”.
Quella riluttanza d'animo e di mente verso la nostra piccola patria potrebbe apparire un caso isolato o singolare, uno snobismo da oriundo cui interessi “altri” impongano di trattare svogliatamente de minimis loci, le quisquilie paesane. Purtroppo invece la ritroviamo costante negli anni e nelle persone, anche galatinesi per nascita e residenza, chiamate ad amministrare.
Per alcune di esse l'onore – chè tale dovrebbe essere – si è mutato troppo presto in un onere. Tanto che il carzilargo, col suo crudo realismo, non spera più in progetti che richiedano lungimiranza e capacità di fund raising – che ne so, un ponte sulla ferrovia della Sud Est, che spezzi l'isolamento geografico e pure ideale – ma azioni banalmente concrete, come la manutenzione stradale o la pulizia della Pupa e delle aiuole e spiazzi adiacenti, mostrati di recente nel loro “splendore” ai delegati del TCI. E dire che questo governo cittadino s'era dotato, al suo nascere, della consulenza di un assessore che avrebbe dovuto fare, dell'abilità nel procurare fondi, la ragione del suo incarico. Piacerebbe ancora, al Cittadino, un uso meno familistico, ludico-pedagogico, delle strutture pubbliche. Anche se l'esempio che viene dall'alto, dal piccolo dittatore-segretario di partito-factotum italico, con l'ampio uso di elicotteri ed aerei di Stato per le vacanze di famiglia, non lascia ben sperare.
Sarebbero gesti minimi ma segno tangibile di un corretto agire, oserei dire di una giusta presenza, dell'amministratore.
A meno che si debba pensare che i nostri cari abbiano fatto tesoro della lezione di Nanni Moretti, che in un suo film si chiedeva: “Mi si nota di più se vengo e me ne sto in disparte, o se non vengo affatto?”.
Ecco, alle prossime elezioni non venite affatto: vi notiamo di più.


sabato 11 aprile 2015

Il Galatino anno XLVIII n° 7 del 10 aprile 2015

Parole poco pensate

Qui non parliamo dei professionisti della carta stampata e dei media, salariati a libro paga di politici e potentati economici che, dal prezzolato lavoro dei primi, ricavano l'indispensabile consenso, reale o solo propagandato.
Vorremmo invece occuparci del web, e degli infiniti motivi che inducono molti a scrivere e sottoporre al giudizio altrui pensieri reconditi di piana banalità, magnificati quali purissime gemme di saggezza. Sicuramente gioca un ruolo la vanità intellettuale, l'infondata convinzione di aver partorito qualcosa di inedito ed originale; forse concorre la presunzione che idee personali abbiano logica e valore universali, tali da indirizzare le opinioni di chi legge e diventare punti di luce nel buio.
Tanti scrittori dilettanti trovano terreno fertile nei social network. Frasi, aforismi, battute salaci sbocconcellate qua e là nel mare magnum internettiano, maldigerite e rigurgitate – con esiti esilaranti quando lo scippatore di parole dimostri incerta padronanza di sintassi e grammatica – caratterizzano un esercito di emuli di Vincenzo Monti, “...poeta e cavaliero, gran traduttor de' traduttor d'Omero”, vittima della definizione urticante che per lui coniò Ugo Foscolo.
Altre volte alla “rete” – improvvisato confessionale aperto al mondo – alcuni affidano le intime paturnie esistenziali (o ne sperano la soluzione), nella pia illusione che internet sia altro che la morta gora che ogni sospiro inghiotte e dissolve.
Perciò dico che molti, tra noi gente comune, hanno una voglia di visibilità insoddisfatta destinata a rimanere tale: a smentita del quarto d'ora di celebrità che, secondo la nota massima attribuita ad Andy Warhol, sarebbe concesso ad ognuno, prima o poi. Il quivis de populo ha scarse possibilità di emergere e far conoscere le proprie idee, per quanto magari interessanti.
Oddio, la politica offre a questa regola eccezioni squallide, roboanti nullità toscopadane. Come tale Matteo che, sulle magnifiche e progressive sorti del paese, spara a raffica castronerie su Twitter. Ma siamo nella stagione in cui la neve è già sciolta.


sabato 28 marzo 2015

Il Galatino anno XLVIII n° 6 del 27 marzo 2015

Taccari da combattimento

L' affare “xylella fastidiosa” imperversa, mentre abbiamo un dittatorello (lui sì, fastidioso) proveniente da una regione – di modesta ma ben pubblicizzata produzione olearia – che ha molto da guadagnare da questa “emergenza” studiata a tavolino. Forse è un caso. Probabilmente lo è. Mi correggo, non si sa mai: sicuramente lo è.
L'olivo è il simbolo di noi salentini ed è pianta cara ad Atena dea della saggezza. Nient'altro che l'abbraccio amorevole di generazioni di contadini ha sfiorato foglie, rami e tronchi dei nostri venerati patriarchi vegetali, sin da quando alla loro ombra Arthas re dei Messapi radunava i suoi saggi.
Un no definitivo deve fermare l'arroganza di mandanti e supini esecutori – tutti noti, tutti immotivatamente sicuri della loro immunità – che stanno per usare violenza sui nostri olivi: ogni gesto di crudeltà contro il patrimonio arboricolo del Salento non resterà impunito. E non indirizziamo l'avvertimento alla più stupida, vigliacca, dannosa classe politica che mai abbia calcato suolo. No, già da tempo si è abbandonata ogni speranza di redenzione per questa categoria il cui comprendonio è inscritto in un perimetro delimitato dai 30 denari posti in cerchio, uno dietro l'altro.
Però non si commette sacrilegio senza temere le conseguenze delle proprie azioni. Dovrebbero saperlo i capi di quei popoli – già colpiti dalla punizione biblica della diaspora – che, dispersi per il mondo, foraggiano una perversa ricerca scientifica indirizzata alla creazione di virus curabili solo col “loro” intervento taumatargico. Non vogliamo che alle eradicazioni segua l'impianto di olivi geneticamente modificati in laboratorio.
L'olivo è sacro: profanarlo è commettere un peccato paragonabile alla bestemmia in Chiesa, al tocco di mano impura sul Libro del Profeta, all'irrisione della Menorah. Comporta una maledizione eterna che ricade sul sacrilego ma anche sulla sua discendenza, pure incolpevole.

Se questo non bastasse, ci piace ricordare che la nostra pianta-simbolo non genera soltanto un nettare prezioso. Il suo legno dà fuoco profumato, dai suoi rami abbiamo imparato, sin da piccoli, a ricavare armi primitive ma efficaci: fionde e nodosi bastoni, la cui carezza sulla schiena lascia ricordi indelebili. 
È bene tenerlo presente.

giovedì 12 marzo 2015

Il Galatino anno XLVIII n° 5 del 13 marzo 2015

Iu spic inglisc? Ies, nu pic

Quando una legge viene titolata in inglese, la fregatura per il Popolo Sovrano è assicurata. Chiamare “Jobs Act” la facoltà di licenziare un dipendente, spacciando la misura come un provvedimento per incrementare l'occupazione, è arlecchinata tipicamente italiana. Come pure affermare che la “Spending Review” sia finalizzata al migliore utilizzo delle risorse economiche, può configurare il reato di abuso della credulità popolare. Certo l'inglese è diffuso così capillarmente che non sorprende sentirlo parlare dovunque ed a sproposito. Questo avviene qui, come in ogni colonia dove lingua e cultura del conquistatore siano imposte per cancellare ogni traccia di civiltà locale. Si resta però alquanto perplessi per l'uso disinvolto di un idioma straniero da parte di soggetti che ingaggiano violente colluttazioni con la grammatica della loro stessa lingua. L'inglese casareccio, molto gestuale, di alcuni personaggi può essere oggetto di commenti ironici e causa di comicità involontaria: come dimostra il ragazzotto fiorentino a colloquio con giornalisti stranieri e, prima di lui, quel Rutelli - accidentale ministro del turismo in qualche governo sgarrupato - alle prese con la pubblicità istituzionale. Sul cui intervento è bene chiudere un orecchio, anzi entrambi, e tacere pietosamente sul risultato ottenuto. Con tali fulgidi esempi, anche la comare Pippi de sotta 'lli Crutti può, a buon diritto, chiedere al suo negoziante “Ginu, dammi lu sciampu Niù Dimenscio”, traslitterazione dell'esotico “New Dimension”.

Oppure un assessorato - che voglia dimostrarsi “up-to-date” - far pubblicare un manifesto relativo all'assistenza domiciliare chiamandola “Home Care Premium 2015”. Con l'assoluta certezza che gli interessati, ovvero anziani non autosufficienti, avranno compreso modalità e fine della delibera. Sì, ovviamente. Anzi, obviously.

sabato 28 febbraio 2015

Il Galatino anno XLVIII n° 4 del 27 febbraio 2015

Ah, si, no!

Quando il gioco si fa duro, i duri cominciano ad affiggere (manifesti, i loro) ed affliggere (attributi, i nostri).
È un tripudio di locandine, una girandola di tazebao, un crescendo rossiniano di 6x3, fortuna di attacchini e tipografie. Ad essere cattivi, il periodo carnevalesco spiegherebbe tono e contenuti, sicché si potrebbe riportare l'alterco simulato tra opposizione e maggioranza al genere della commedia dell'arte.
Invece un piccolo particolare quasi insignificante tradisce il senso vero di questa scherma danzata da spadaccini di Torrepaduli: la contiguità (involontaria?) tra i manifesti recanti in effigie la “capu de ciucciu” e le pacate, ragionevoli deduzioni e controdeduzioni offerte alla Cittadinanza dalle parti.
Con, quindi, l'esausto lettore di cotanta prosa, spinto ad immedesimarsi – mediante processo subliminale – nell'innocente quanto tartassato equide. Meglio ancora, in quella sua asinina ribellione al disagio fisico e psicologico che si concretizza in poderosi calci sferrati nelle parti molli.


domenica 15 febbraio 2015

Il Galatino anno XLVIII n° 3 del 13 febbraio 2015

Andante allegro (ma non troppo)

Il seminarista di Piazza del Gesù fa carriera e si insedia al soglio lasciato da Giorgio II° (santo subito), preceduto dagli incensi sparsi a profusione dai celebranti laici - e laidi - di regime. Sappiamo tutto, o quasi, del nuovo pontefice di Santa Romana Repubblica Tangentara: sobrio, taciturno, elegante di quella misura che fu già cifra stilistica dei vari Andreotti, Rumor e De Mita. Una benedizione, la più importante, è venuta provvida dai grandi elettori di Francoforte e Berlino, e tanto è bastato al breve concistoro parlamentare. Matteo Granduca de' Cazzari Fiorentini, che proprio stupido non è, ha obbedito al "suggerimento" del nome gradito a chi comanda.
Passano in second'ordine peccatucci veniali, quale ad esempio una certa reticenza sulle morti per tumore di militari italiani a causa dell'uranio impoverito usato nella guerra in Jugoslavia, quando era ministro della difesa in un governo D'Alema. Di ciò si taccia con la pudica, omissiva nonchalance di scuola democristiana. Del resto il nostro caro splende di luce riflessa, per un fratello trucidato da mano mafiosa.
Poche parole al giuramento - nulla più che frasi di rito - ce lo presentano per quello che è, il necroforo della compianta democrazia. Accompagnata all'ultimo viaggio da questo nostro Geremia Lettiga, a capo chino e con l'identico mesto sorriso quirinalizio di chi lo ha preceduto nell'incarico, tra due ali di astanti che, al suo passaggio – pure nella compostezza propria della circostanza - compiono furtivamente l'osceno ma ben conosciuto rituale apotropaico. 
Si dispensa dalle visite

domenica 1 febbraio 2015

Il Galatino anno XLVIII n° 2 del 30 gennaio 2015

Poltrone, sedie e strapuntini

C’è quella economica, pieghevole, da gita di Pasquetta. Quella un po’ più elaborata, magari in kit di montaggio, dell’Ikea. Ce n’è una da salotto buono degli anni ’60, alta e dalle gambe sottili, scomodissima, ricordo infantile di tanti nostri coetanei: quella da visite di circostanza a parenti od amici di famiglia, quando dovevi “stare composto” e parlare solo a comando. Strumento di tortura sconosciuto alle generazioni successive.
C’è la “comoda”, dotata di ampio foro centrale e sottostante vaso, adibita dalle classi dominanti del Rinascimento all’uso che oggi svolge più che egregiamente l’omologa tazza in porcellana.
Poi la gestatoria, con lunghe e robuste stanghe, la cui conduzione a spalla era privilegio esclusivo dei rappresentanti  maschili della nobiltà nera romana, durante la passerella in S. Pietro in cui Sua Santità impartiva l’augusta benedizione al popolo festante.
A molti piace la chaise-longue di Le Corbusier, oggetto d’arte oltre che classico moderno.
E come non ricordare il trono dorato e riccamente istoriato dei sovrani, simbolo nei secoli del fasto e della potenza delle case regnanti?

Scompaiono tutte, per importanza storica e valore simbolico. Perché il politico italico d’ogni livello è poltrona-dipendente, e se in crisi d’astinenza anche una modesta sediolina da arredo scolastico diventa un valido, quantunque provvisorio e risibile, metadone.

sabato 17 gennaio 2015

Il Galatino anno XLVIII n°1 del 16 gennaio 2015

Così lontani, così vicini?

Siamo in grado di raccontarVi la puntata di "Così lontani, così vicini" con Albano Carrisi e Paola Perego, registrata e non mandata in onda.
Come qualcuno sa, il format televisivo si occupa di persone - amici o parenti - separate da lungo tempo, una delle quali abbia desiderio di ritrovare i suoi cari distanti o mai conosciuti.
Nella puntata che sveliamo il protagonista è Popolo Italiano, un bravo ragazzo strappato in giovanissima età dalle braccia affettuose di Madre Democrazia e cresciuto in una fredda casa-famiglia di nome Regno d'Italia, poi Repubblica Italiana.
Il piccolo, diventato adulto, non ha mai dimenticato l'amore materno, pur se tanto remoto nei ricordi infantili, e si affida alle ricerche dei due presentatori televisivi.
Invano: mamma Democrazia non si trova. Forse la povera donna è vittima di lupara bianca, di quel patto Stato-Mafia che governa il Paese dal 1860.
Converrà provare a "Chi l'ha visto?".