giovedì 26 dicembre 2013

Cronache minime di Natale - 21 Dicembre 2013

Cronache minime di Natale

“Usciamo”, un ordine che non ammette repliche, strappa il nostro dal sopore pomeridiano del giorno di festa. Avrebbe preferito crogiolarsi nell’abiezione: l’ascolto in cuffia delleVariazioni Goldberg dalla tastiera di Glenn Gould, le pagine di Zitara sull’economia meridionale preunitaria, due dita di primitivo di Manduria e la pipa fumante di Black Luxury. Il copione natalizio invece prevede la visita ai presepi (simulare entusiasmo).
Parcheggio in villetta, poi a passeggio per vetrine e, secondo vecchia usanza, il caffè al solito bar, schiaffo ai neuroni avvelenati dalla dose letale di trigliceridi ingurgitati poche ore prima. In piazza il vento freddo agita l’albero palluto oggetto di giudizi contrapposti, e risveglia dalla foschia alcoolica il nostro, che ora distingue persino amici e sconosciuti turisti, gli uni e gli altri prima salutati con identico trasporto. “Accoglienti, questi salentini!”.
La coppia segue il flusso della folla presepiante; nella calca il nostro non può evitare un pargolo, spiritato da artetica infantile, che in piena corsa va a collidere con la cristalleria di casa. Per rispetto alla sacralità del luogo (il portone dei Battenti sempre chiuso, e sempre deturpato da sacchetti dell’umido deposti proditoriamente dal genio del pattume di piazzetta Galluccio), il malcapitato soffoca in gola un urlo di dolore giurassico e poco religiose interiezioni, che trapelano comunque, tradite da impercettibili movimenti labiali.
La mamma del precoce centometrista, appena tornata nel Salento con la famiglia per le vacanze, richiama il discolo con la tipica cadenza brianzola di Cutrofiano sul Lambro: “Thòmassa, ancora cadi e ti rompi i musetti!”. Il nostro si frena (è Natale!) dall’impartire  alla giovane un’esemplare lectio pedagogica sull’uso, antico eppure moderno, del ceffone educativo mollato con balistica sapienza, e viene sospinto alla Basilica.

È il clou della passeggiata natalizia, l’incontro con quella che molti giudicano la summa dell’arte presepiale cittadina. L’estasi che prende  - adulti e bambini tutti - al cospetto della Natività rappresentata mirabilmente, è avvilita dai commenti di fedeli poco inclini alla pietas. Il cinico vernacolo galatinese corrode anche i momenti sublimi: “Cce bbrutta ddhra grotta de Bettlemme!”. Si torna con i piedi per terra, in senso figurato e letterale, muovendo fuori dal Tempio con la circospezione richiesta dallo sconnesso basolato del centro antico. Anche questo è Natale.

sabato 14 dicembre 2013

Il Galatino anno XLVI n° 21 del 13 Dicembre 2013

Discorso della Corona

Salute a Voi, cari Sudditi. Con paterna sollecitudine ci accingiamo al grato ufficio del messaggio di fine anno.
Siamo certi di interpretare sentimenti e valori condivisi, quando affermiamo che l’auspicato, incruento passaggio dalla repubblica alla monarchia, che  Noi impersoniamo, è stato imposto alla Nazione da un grave stato di necessità: la repressione delle pulsioni rivoluzionarie e populiste ma principalmente il salvataggio degli istituti di credito. A tali ineludibili compiti, al secondo in particolare, l’Europa ci ha chiesto di adempiere con impegno indefesso, anche col sacrificio della Costituzione, della sovranità popolare, delle vite degli stessi cittadini quando necessario. Ad essi ci siamo applicati con diuturno zelo e passione genuina, mossi dal rispetto degli accordi vessatori sottoscritti (incuranti della volontà contraria di Voi cittadini) con gli organismi europei di governo, che oggi opportunamente coincidono con le istituzioni finanziarie insediate al posto di quelli. Il governo è la BCE e la BCE è il governo. L’inutile orpello della sovranità popolare – residuo cascame del deposto regime parlamentare – pertanto è stato rimosso e la sospensione della democrazia sine die si è resa necessaria, per il bene dello stesso Popolo che ora Noi guidiamo e rappresentiamo per grazia di Dio e della Banca Centrale Europea (eterna gloria al suo Governatore).
Sudditi! Gli indiscriminati attacchi di certa magistratura rivoluzionaria alla Nostra Augusta Persona, repressi con indefettibile rigore, sono gli ultimi sussulti della sospesa democrazia, sistema di governo obsoleto e non più al passo dell’Europa carolingia cui tutti aneliamo. L’instaurazione di un Nuovo Ordine Mondiale è quanto mai utile ed improcrastinabile. Ed affermiamo con viva e vibrante soddisfazione che, anche grazie al Nostro impegno, questo traguardo appare vicino a realizzarsi. La crisi economica è superata, la disoccupazione è ai minimi storici ed il rancio è sempre ottimo ed abbondante.
Con rinnovata fiducia nel Vostro senso di responsabilità guardiamo a Voi, amati sudditi. Siate tranquilli ed operosi, rispettate il Vostro Sovrano, pagate le tasse ed il canone ed abbiate incrollabile fede nel radioso futuro che attende la Nazione. Ogni irricevibile moto di dissenso, ogni critica irriguardosa seppure mascherata da satira al potere, saranno considerate delitti di lesa maestà ed attentati al Nuovo Ordine Mondiale costituito, che ci onoriamo di servire.
A Voi tutti, alle Vostre famiglie, la nostra indulgente magnanima benedizione ed i nostri più fervidi voti augurali


Dai Regi Palazzi, 31 dicembre 2013

venerdì 6 dicembre 2013

Il Galatino anno XLVI n° 20 del 6 Dicembre 2013

Aforismi
(ed altri potenti allucinogeni)

“Quando un politico riceve un avviso di garanzia si deve dimettere subito” (Nichi Vendola)
"Io non conosco questa cosa, questa politica che viene fatta dai cittadini e non dalla politica" (Massimo D'Alema, 9 marzo 1997) 
“La ripresa c’è” (Romano Prodi, 16 maggio 1997)
“La ripresa sarà più serena” (Romano Prodi, 29 luglio 2007)
“La ripresa verrà” (Romano Prodi, 19 aprile 2009)
“Nessuna ripresa sino a fine 2013” (Romano Prodi, 25 ottobre 2012)
“In Ungheria l’URSS porta pace” (Giorgio Napolitano, novembre 1956)
“Ho reso questo omaggio…a sostegno dell’insurrezione ungherese e contro l’intervento militare sovietico” (Giorgio Napolitano, 26 settembre 2006)
“Niente di utile da riferire, ho agito nella massima trasparenza” (Giorgio Napolitano ai giudici di Palermo sulla trattativa Stato-mafia, 25 novembre 2013)
ed infine, l’esprit de finesse dell’appena cessato ventennio:
“La patonza deve girare” (Silvio Berlusconi, 10 ottobre 2008)

venerdì 29 novembre 2013

Il Galatino anno XLVI n° 19 del 29 Novembre 2013

Se telefonando

È ancora un’intercettazione telefonica a delineare la curva discendente di un uomo pubblico. La familiarità acclarata tra Vendola e la famiglia Riva, proprietaria dell’ILVA, non aggiunge elementi di novità al quadro comportamentale del Presidente Poeta, essendo già note le sue frequentazioni con la Confindustria nordista, inquinatrice di coscienze oltre che di ambiente. Quello che forse ha deluso – ma solo chi si era illuso, sulla genuinità della proposta vendoliana – è l’evidente contaminazione da contatto col cinico animus dei Riva, il cui rampollo Fabio viene a sua volta intercettato mentre (latitante) si esprime con misurata eleganza sui morti tarantini per tumore: “Minchiate!”.
En passant: l’acciaieria ILVA, di proprietà pubblica, valore stimato dell’epoca 20.000 miliardi di lire, fu ceduta dall’onesto Romano Prodi ai Riva per 1.649. Uno dei tanti “affari” delle privatizzazioni-spoliazioni del patrimonio dello Stato, eseguite per conto terzi dalla Banda Bassotti (la ciurma di basso rango del “Britannia”).

Per onestà intellettuale prendiamo atto dell’autodifesa di Vendola Nicola detto Nichi, criptica come le sue immaginifiche acrobazie lessicali, lubrificante necessario ad ogni terapia politica – per quanto dolorosa – somministrata alla Gente di Puglia non per os ma per altra via. E ricordiamo una campagna elettorale giocata sulla “diversità” del nostro Governatore, che poi tanto diverso dalla casta ha dimostrato di non essere. Però dobbiamo pur trarre da questa ed altre misere cronache una morale universale. Non sono gli uomini, non è il loro colore politico, non sono infine i comportamenti, tutti omologati verso il basso, ad imporre il radicalismo della tabula rasa. È un edificio istituzionale corrotto dalle fondamenta che va demolito: ma già si vedono le prime squadre di picconatori radunarsi in vista del 9 dicembre. 

venerdì 15 novembre 2013

Il Galatino anno XLVI n° 18 del 15 Novembre 2013

Le sue prigioni

Come impiega il suo tempo una ministra della repubblica bananiera, oltre a guardare i sigilli? Cura qual premurosa badante la salute cagionevole dello Stato, anziano di debole Costituzione? Riordina commi e pandette e spolvera codici nella Regia Libreria di Giorgio II? Presenzia a convegni sui problemi della giustizia – inutili e puntuali ogni stagione come le piogge d’autunno – o passa in rassegna impettiti plotoni di guardie carcerarie, al ritmo simil-marziale “dell’elmo di Scipio”, la mazurka variata del duo Mameli-Novaro?
Certamente una ministra fa tutto questo (“Una ministra lei? Ma mi faccia il piacere, al massimo una minestrina scaldata!” direbbe Totò), ma anche altro. Principalmente telefona, eccome se telefona! Con scatto alla risposta, ovviamente: scattano tutti sull’attenti in soccorso di una bionda fanciulla ospite degli “alberghi” di Stato, ragazza che per caso fortuito appartiene alla famiglia degli ex datori di lavoro del figlio della suddetta ministra. Un piccolo caso, appunto: col diminutivo che state immaginando.

Negli stessi giorni in cui assistiamo all’ultima commedia degli equivoci, il prestante (nel senso che si presta, alle imposizioni dei suoi danti causa stranieri) autista del governo Alfetta – e chiedo venia agli estimatori della vecchia bella auto, essendo io pure tra questi – con grande sprezzo del ridicolo chiede che “l’Italia non sia guardata come il Paese più burocratico e borbonico”. Il nipotino di zio Gianni ignora o fa finta di ignorare che, se il Paese è in queste condizioni, lo dobbiamo ai suoi avi affamati ed indebitati che 153 anni fa scesero, pezze al sedere, ad impadronirsi con la violenza di uno Stato ricco e governato sobriamente. Bisogna spiegarlo, al giovanotto. Ma con delicatezza, per evitargli traumi.

venerdì 25 ottobre 2013

Il Galatino anno XLVI n° 17 del 25 Ottobre 2013

Una storia “coi baffi”

È inutile agitarsi prima dell’abuso. Il megaparco ha il placet, nonostante le unanimi proteste per lo scempio ambientale di contrada Cascioni e la desertificazione del commercio galatinese: pichecherie. Aprite felici gli ombrelli per le cospicue “ricadute occupazionali” ed applaudite la democrazia di rito sabaudo-repubblicano dell’ Itaglia una ed indivisibile (Premiata Ditta fondata nel 1861), illusionismo da ciarlatani. Al “popolo sovrano” si fa credere di poter decidere del proprio futuro, mentre tutto è già stabilito nelle stanze del potere.
Parimenti, si costruirà il megaospedale tra Maglie e Melpignano – e dove, se no? – a detrimento del “S. Caterina Novella”. L’opera si rende necessaria ad imperitura memoria dei sovrani locali di entrambe le “case regnanti”: nell’antico Egitto perpetuavano la loro grandezza con le piramidi, i nostri moderni faraoni prediligono l’edilizia sanitaria (e l’argent che copioso ne scaturisce).

Premessa l’amara verità, ci si convinca che il centro commerciale “s’ha da fare”, con la decorativa firma dei Don Abbondio locali e regionali. Però non stupitevi se l’erigendo megaparco a me ricorda una megalavanderia, e non intendo specificare di quale merce. 

sabato 12 ottobre 2013

Il Galatino anno XLVI n° 16 dell'11 Ottobre 2013

Giornali in crisi: di chi la colpa?

L’irreversibile calo di vendite dei quotidiani nazionali può spiegarsi solo parzialmente con la recessione e con la ben nota allergia italica alla lettura. Credo che i media nascondano la causa principale del crollo delle vendite. I due quotidiani a maggior diffusione sono controllati dalla più importante famiglia italiana di imprenditori  il milanese e da una delle più grandi società editoriali nazionali il romano , entrambi i gruppi con forti interessi nell’industria e nel terziario (finanza, banche, assicurazioni). Di conseguenza, la linea dei due quotidiani leader di mercato è guidata da quegli interessi. Siccome la gente che legge per informarsi è forse ingenua, ma non stupida, ne consegue che ben pochi “se la bevono”. Per questo, quando si assiste a certe campagne di stampa ben orchestrate, già se ne intuiscono obiettivi e strategie, e talune “articolesse” in prima pagina hanno il sapore dolciastro della lezioncina morale tenuta da pulpiti impropri. Si può servire un padrone, da giornalista o direttore, senza provare un moto di imbarazzo, ma non si può anche pretendere di essere considerato credibile ed imparziale.
Facciamo il possibile per la sopravvivenza de “il Galatino”, il periodico della comunità galatinese, anche non residente. La piccola stampa locale che galleggia per gli sforzi commoventi di pochi (che ci rimettono di tasca propria), è rimasta l’unica fonte di informazione veramente libera.


P.s. Il titolo del mio precedente “pezzullo” conteneva un congiuntivo esortativo latino – apposto  senza riflettere – invece del più adatto indicativo presente. Essendomi accorto dell’errore, chiedo lumi al cacciatore della “Cuccuàscia-cuccuvàscia”. Matita rossa o matita blu?

venerdì 27 settembre 2013

Il Galatino anno XLVI n° 15 del 27 Settembre 2013

Te adoremus, Domine Napolitano

La ragione, da facoltà dell’intelletto, assurge a Dea venerata. Tra i suoi improvvisati sacerdoti vi sono certi maestri di pensiero fondatori e direttori dei giornali della borghesia toscopadana, delle cui solide fortune costruite grazie alle privatizzazioni prodiane (quindi con i soldi di tutti) l’origine non può che essere pura: una specie di dogma dell’Immacolata Accumulazione.
Cuius regio eius religio: è l’Italia, altrimenti detta Napoletanistan, la nazione dove questo culto della Ragione comprende e sostituisce tutti gli altri, mercè un catechismo imposto in maniera tanto rapida quanto pervasiva. Si comprende che, come ogni religione, anche questa non ammetta apostasie, scismi e protestantesimi. Ne consegue che la triade delle Alte Cariche pendenti – Papa-Re Giorgio II°, cardinal vicario Pietro l’antimafioso e Papessa Boldrina – non possa essere oggetto di critica nell’espletamento del suo magistero laico; e che dogmi ed articoli di fede da questa triade emanati debbano considerarsi intangibili. Si metta pure in discussione la parola del Pontefice di Santa Romana Chiesa ma non quella del sedicente garante della violentata Costituzione, difeso con protervia dal suo clero militante su Repubblica, Corsera e media addomesticati.

Adorata da pittoresche congreghe officianti nei Templi laici, come nel secolo dei lumi, con l’obiettivo – dichiarato, mai conseguito – dell’emancipazione e del sostegno delle masse  proletarie (purchè provenienti dal solo terzo mondo, ‘chè di quelle del primo non importa un beato manico), questa sonnolenta Dea Ragione, come Francisco Goya ben dipingeva, genera mostri.  Sicchè – in omaggio al politicamente corretto – oggi al suo altare la Trimurti istituzionale reca in dono sacrifici umani: disoccupati e cassintegrati di ogni età, pensionati al minimo. Con l’unico peccato originale del passaporto italiano e la mancanza, per il diritto ad una vita dignitosa, dell’indispensabile requisito dello sbarco dal gommone a Lampedusa.

venerdì 13 settembre 2013

Il Galatino anno XLVI n° 13 del 13 Settembre 2013

Giornalismo arruolato

La generazione del boom economico ricorda i cartoni animati di Hanna & Barbera, trasmessi in bianco e nero dagli unici due canali Rai allora disponibili. Archeologia televisiva, molto prima dei robot giapponesi che hanno imperversato negli ’80.
C’era Yoghi col fido amico Bubu, Braccobaldo, Magilla Gorilla. E Svicolone, puma dai modi eleganti, che nel doppiaggio italiano veniva caratterizzato dall’inconfondibile accento bolognese. Il personaggio avvicinava gli umani con atteggiamento compiacente e servile, però veniva regolarmente congedato a fucilate. Il commiato di Svicolone (origine del suo appellativo), prima di schizzare via a tutta velocità scansando i pallettoni, era: “Svicolo tutto a mancina, perfino!”. Non ho dimenticato le sibilanti della cadenza emiliana del suo motto, ora che da adulto associo la frase topica ai tanti Svicolone che incontro: pronti all’adulazione stucchevole quanto al subitaneo dileguarsi, al minimo segnale di declino del potente di turno.
Condivido a ragione queste memorie infantili. Mi spiego: nell’informazione di regime, conduttori e giornalisti non vanno mai oltre l’indagine pruriginosa sulla nipote di Mubarak e sulle leggiadre pulzelle elette e/o trombate (anche con inversione causale degli aggettivi) che in ogni tempo gli furono gradite, facendone materia di sussiegosa disquisizione. Peccato impegnare cotanto acume sugli eccessi viagratici senili quando, ad esempio, potrebbero renderci edotti sulla truffa bancaria consumata a Siena, la più colossale di tutti i tempi per proporzioni e danni collettivi, se solo volessero ficcanasare negli affari loschi del partito amico. Oppure informarci sulle vere cause dell’ “inevitabile” intervento armato in Siria, la cui banca centrale è una delle ultime non ancora in mano ai Rothschild come nel resto del mondo. Analogamente alle banche sovrane di Afghanistan, Iraq, Libia prima delle guerre di “liberazione” combattute col nostro contributo. Strane coincidenze.

Invece no, tacciono tutti, anche il più travagliato dei commentatori. Marco il censore svicola tutto a mancina. Perfino.

sabato 13 luglio 2013

Il Galatino anno XLVI n° 12 del 12 Luglio 2013

Senza titolo

Giorno per giorno ci siamo abituati al peggio, con un processo che ricorda molto la mitridatizzazione. Assumiamo la nostra goccia di veleno quotidiano che ci rende insensibili al degrado. L’ultima di cronaca racconta la storia di un vecchio fermato alla guida di un’auto con un faro spento. Il 71enne reagisce alla multa con un’esclamazione sempre più condivisa dai cittadini-sudditi, e che qui riporto – letteralmente – edulcorata: “Italia, paese di crema al cioccolato!”. L’anziano guidatore avrà pensato che sarebbe stato preferibile girare in città armato di machete e menare fendenti a destra e a manca, per finire affidato alle premurose cure dei servizi sociali. La legge qui è uguale per tutti, o quasi, ma si può interpretare, piegare alle infinite sfumature della pedagogia dell’accoglienza obbligatoria e politicamente corretta, declinare in arabo, swahili e cinese mandarino, tranne che nella lingua di Dante. Ed è così che l’Italia risorgerà, “più bella e più superba che pria!” “Bravo!” “Grazie!” (citazione dell’indimenticato Nerone petroliniano).


Lettori e Direttore carissimi, è stato un privilegio farmi leggere da Voi. Sarebbe bello che l’avventura de Il Galatino continuasse, anche con cadenza mensile, anche solo on-line. La nostra Città ha più che mai bisogno della cultura latu sensu che i nostri giovani portano con fierezza e profitto, in quell’ “altrove” che offre loro le opportunità di vita qui assenti.

lunedì 24 giugno 2013

Il Titano, giugno 2013

Si parva licet

Il pantografo è lo strumento che consente di riprodurre in scala disegni e testi. Si può ingrandire o rimpicciolire – mantenendo le proporzioni – un’immagine od una frase.
Un immaginario pantografo ricrea in loco lo scenario di disfacimento nazionale. La Fiera è morta come l’economia locale. Ma privata del suo Ente Fiera in liquidazione, parte dell’imprenditoria galatinese reagisce in maniera commovente e lodevole, arrangiando al meglio possibile una manifestazione, nello stile frugale dell’Italia impoverita dall’eurocrazia. A mente fredda sarà il caso di interrogarsi sull’opportunità di coinvolgere a suo tempo nell’Ente altri soggetti pubblici e privati che nessun interesse avevano se non quello di distribuire poltrone e stipendi ed, in prospettiva, favorire la crescita di altri eventi minori ma politicamente protetti. Chiudiamo l’inciso.

Un encomio ed un grazie a coloro che hanno voluto a tutti i costi questa manifestazione, perché i Galatinesi non perdano memoria di quella Città che un tempo era il fulcro della capacità imprenditoriale salentina, e degli Uomini che l’hanno fatta prosperosa.

venerdì 14 giugno 2013

Il Galatino anno XLVI n° 11 del 14 Giugno 2012

Arrivederci, dammi la mano e sorridi

“C’è un tempo per tacere ed un tempo per parlare”, ci ammonisce il Qohelet. Cari Lettori, caro Direttore, è il momento di pensionare Pasquino Galatino. Bisogna tacere e riflettere sullo stato delle cose.
Questa ignobile imitazione di democrazia, finzione patetica per ingannare il popolo “sovrano”, mostra il suo vero volto che è quello dei manganellatori del sindaco di Terni, dei No-Tav e della gente di Sicilia contraria al MUOS.
Il paese è allo stremo, immolato alle banche usuraie ed all’Iniquitalia dei furti (di case) con destrezza; la classe politica, la più incapace e corrotta che mai paese moderno abbia subìto. Svuotato di decoro e potestà, il Parlamento è una caserma per mercenari al soldo delle lobby nazionali e principalmente straniere, le stesse che innalzano ed abbattono governi fantoccio in funzione del proprio tornaconto. L’intangibilità della malavita partitica viene assicurata anche grazie alla benevola distrazione di una parte del potere giudiziario, moderno Ponzio Pilato della trattativa Stato-mafia e dei molteplici conflitti d’interessi irrisolti. La carta costituzionale, questa Madonna Pellegrina di ogni processione laica, è destinata ad un uso che qui si omette per decenza, proprio da chi per primo avrebbe il dovere di difenderla e rispettarla. D’altronde il tizio de quo, succeduto a sé stesso e quindi ubriaco di potere - per evaporazione del controllo popolare della democrazia -  infierisce su questi superflui governo e Parlamento con la sua ubriachezza molesta.
Allora taccia questo fastidioso grillo parlante, nei giorni in cui altri e più famosi grilli hanno smesso di frinire in piazza, preferendo complottare nelle stanze ovattate dell’ambasciata americana di via Veneto: come un qualsiasi Mariuolo, come un qualsiasi Enrichetto-bello-de-zio che vadano a succhiare il latte al seno di mamma Obama e tata Merkel.
Naturalmente i media a libro paga occultano, mistificano, tutto dicono tranne la verità vera del presente disastro, ridotti come sono a laudatores del regime. Perciò ognuno di noi è chiamato alla sua responsabilità di interpretare i fatti, meglio informandosi via web. Spegniamo i televisori, non leggiamo i quotidiani: sono lautamente finanziati per tenerci buoni. E come dice l’antico adagio, “Aprimu l’occhi, ca cu li chiudimu nun bole nienti”. Buona fortuna a tutti noi, ai nostri giovani in particolare.

giovedì 30 maggio 2013

Il Galatino anno XLVI n° 10 del 31 Maggio 2013

O voi ch’avete li ‘ntelletti sani

Costretti ad una opzione, scegliamo – in maggioranza – di omologare il nostro al Pensiero Unico. È comodo e rassicurante non sforzarsi di interpretare gli avvenimenti in una sequenza di causa-effetto, uniformandosi al mainstream del politicamente corretto. Proporre – anche timidamente, con le accortezze lessicali/semantiche che non offendano la sensibilità sui temi sociali dell’interlocutore “democratico” – logiche ispirate al caro vecchio buonsenso (che vocabolo stantìo, che tanfo di muffa), significa guadagnarsi la fama di eccentrico ed anticonformista, quando va bene. Di norma gli scaffali del mercatino dell’antiquariato ideologico offrono poi una vasta esposizione di bollature, dall’intramontabile “razzista” – adatto ad ogni occasione – a “reazionario”, “fascista” e, per chi provenga da manu mancina, “tardo-leninista” (che fa tanto scintillante Lib-Lab). Se a qualcuno interessasse, ne ho una ricca collezione messa su negli anni, che cedo a prezzi di realizzo. Astenersi perditempo.
Dire che in Italia sia in atto un colossale esperimento di ingegneria demografica, una vera tabula rasa, è mettersi contro la scuola di pensiero imperante e perciò stesso “giusta”. Emigrazione giovanile/intellettuale verso nazioni del nord Europa dalle economie più dinamiche ed attraenti grazie all’usurocrazia della “tedesca” BCE, conseguente depauperamento del tessuto sociale in specie meridionale, immigrazione dal terzo mondo di masse non scolarizzate, a basso costo di lavoro ed alta prolificità, sono parte di un gigantesco progetto di mutazione antropologica (culturale, in particolare) di cui si può solo intuire la trama e la portata ma non ancora pienamente l’obiettivo finale: però qualche sospetto l’abbiamo. I fatti sanguinosi di Londra e Milano, le rivolte nelle periferie della civilissima Svezia e nelle banlieue parigine, dovrebbero costituire segnali d’allarme evidenti per occhi che vogliano guardare un poco in prospettiva sull’opportunità di una tale politica in un paese che, a 153 anni dalla cosiddetta unità, è unito solo dalla lingua, forse neppure. Disfatta l’Italia, si disfacciano gli italiani. Si tralasci, ma solo per brevità, il dramma della separazione di milioni di esuli dalle loro famiglie e dalla patria. Per migliaia di questi, il costo di un solo F35 basterebbe per scuole, ospedali e posti di lavoro.

“L’Europa avrà bisogno di 50 milioni di immigrati”. Enunciata da un gerarca della Germania nazista, la teoria avrebbe avuto una sua perversa logica: mobilitare schiavi utili alla costruzione del Reich millenario. Il programma scaturisce invece dalla boccuccia giudiziosa di un ministro della repubblica bananiera, tale Emma von Bilderberg. E, Dio bonino!, qui ci fermiamo, impietriti da cotanto “illuminato” ingegno.

venerdì 17 maggio 2013

Il Galatino anno XLVI n° 9 del 17 Maggio 2013


Società in evoluzione?

Abbiamo ispirato gran parte del nostro ordinamento giuridico al diritto romano. La cittadinanza romana con i suoi doveri e privilegi, all’inizio riservata ai cives nati nell’Urbe, venne estesa nel corso dei secoli anche alle popolazioni dei domini assoggettati a Roma, tanto da consentire a non romani di ricoprire la carica di imperatore. Si creò una delle prime società multiculturali e multirazziali della storia, la cui forza divenne poi instabilità e causa stessa di disgregazione. Diversamente da Atene dove persino un ateniese, ma di padre o madre non cittadino, era incluso tra i “meteci” e non godeva di tutti i diritti riservati al πολιτης (polìtes, cittadino). Tralasciamo quindi la considerazione in cui nella città di Pericle venivano tenuti tutti gli altri, “inferiori” per nascita e censo. Quando alcuni politici moderni dicono di rifarsi all’idea di democrazia ateniese, non sanno di cosa parlano e dimostrano la loro ignoranza.
La cittadinanza romana concedeva diritti e prevedeva doveri. Tra questi, l’obbedienza alle leggi dello Stato, rigorose ed imparziali con tutti, ed il riconoscimento implicito del loro valore morale. Questo noioso preambolo mi piace sottoporre alla Vostra attenzione, nei giorni in cui un ministro donna di colore, posto come l’inevitabile ciliegina politicamente corretta su una torta-governo mal riuscita, afferma di disprezzare la società che l’ha accolta, le dà lavoro e la eleva ad una importante carica istituzionale; in cui la cronaca ci riporta fatti di sangue con protagonisti extracomunitari clandestini, oggetto di decreti plurimi d’espulsione, e vittime innocenti; in cui infine, a Brescia, si tiene una manifestazione di sostegno ad un leader, contro la giustizia che lo sottopone a processo, e vi prende parte il vicepresidente del consiglio.
Mi interrogo, alquanto perplesso, sul tipo di società che viene imposta, senza possibilità di scelta, a questa colonia. Ho un’idea ben precisa del fine e dell’obiettivo che si vuole raggiungere con l’imposizione del modello americano di “cittadinanza”, ma lascio ad ognuno il giudizio.

venerdì 26 aprile 2013

Il Galatino anno XLVI n° 8 del 26 Aprile 2013


Cronache minime di vita romana

Lacrime, abbracci e sospiri nella “Casa da Sora Giorgia”, in un vicolo presso via Nazionale: va in pensione la vecchia maitresse, una segaligna napoletana di famiglia sabauda. Una vita da esperta professionista in giro per le “case” poi – come spesso accade – la decadenza fisica le ha imposto il meritato riposo ed il cambio di ruolo. Dapprima operatrice sul campo, ha concluso la carriera coordinando il lavoro altrui: nel compito discreto e confidenziale di coniugare le preferenze di una variegata clientela (dal rozzo militare americano dell’esercito occupante, al banchiere sordido che paga solo in dollari, dal mafioso dai capelli unti di brillantina all’adolescente brufoloso alla prima esperienza) con l’organizzazione della “casa”. Ma lei ha saputo accontentare tutti, trovando per ognuno la giusta compagna occasionale. “Sora Giorgia, è libera Silvia?” – “Sora Giorgia, c’è ancora Massimina Fufù? Oppure Pierluigia, o Matteuccia?” – “Sora Giorgia, vorrei in coppia l’Umberta e la Roberta, quelle due varesotte tanto carucce… che, me le dispone per mezz’ora?”. Insomma, un tranquillo via-vai di ragazze e clienti.
Oggi è il giorno dell’addio. L’anziana tenutaria non mostra – almeno in apparenza – nostalgie e debolezze. “Sora Giorgia, perché non restate ancora un po’, almeno sino all’arrivo della nuova Madame?” – “Dai, sora Giorgia, che vi costa? Ancora qualche mese, non possiamo fare a meno di voi!”. Ed alla fine, anche il cuore indurito della compassata maitresse, rotta a tutte le esperienze,  si lascia commuovere dai lacrimoni delle ragazze – scendono copiosi sciogliendo il trucco pesante – e ci ripensa. Resterà ancora, per il bene della casa e per l’affetto e gli insondabili segreti che la legano alle signorine.
Fuori dalla casa chiusa, Roma è il solito brulicare di umanità miserabile, vittima e complice della guerra perduta.

L’articolo è contenuto in un giornale romano datato 28 settembre 1945, rinvenuto in una soffitta. La legge Merlin era ancora lì da venire

giovedì 11 aprile 2013

Il Galatino anno XLVI n° 7 del 12 Aprile 2013


“Bonus” io, boni tutti

Esiste un’eletta schiera di persone il cui tenore di vita non risente della crisi. Non parliamo della classe politica perché siamo certi di aver stancato col ripetere le stesse giaculatorie, ma soprattutto perché per dire qualcosa di realmente nuovo sui “nostri amati” – esaurito il florilegio di improperi a disposizione di chi scrive –  dovremmo inventare un glossario appropriato. Ci collochiamo idealmente con quei tifosi che a S. Siro esibivano lo striscione “Non sappiamo più come insultarvi”. Perciò si faccia avanti un epigono del futurismo, un Marinetti della parolaccia, e ci munisca di nuove armi verbali, quelle note essendo inadatte a tanto degrado.
No, stavolta parliamo invece degli happy few che prosperano comunque, “o chiove o tene”. Sono gli altissimi manager pubblici e privati, un empireo di eccelse teste – nel senso di menti, non azzardiamo paragoni anatomicamente impropri – quali mai si videro nell’universo mondo. Un esempio a caso. Abbiamo un ente – che sia ancora pubblico non v’è certezza, ma sarebbe lungo da spiegare – il cui compito è quello di raccogliere contribuzioni obbligatorie dai lavoratori attivi ed erogare assegni mensili a quelli in pensione. Oltre che provvedere ad invalidi e disoccupati. Bene, questo ente (participio presente del verbo essere, senza ironia) in più occasioni ha mostrato impeccabile rigore distribuendo pensioni di euro 2, dicasi due-virgola-zero-zero, causa trattenute pari all’intero assegno mensile, a persone che con quella somma dovrebbero vivere (?) e mantenere una famiglia per 30 giorni. Lo stesso ente (che pubblica bilancio attivo, viceversa sarebbe un deficit-ente) corrisponde al suo boss un emolumento annuo di 1.200.000 euro. Si aggiunga che il manager in questione siede – immaginiamo comodamente – in altri consigli d’amministrazione, per arrotondare il magro stipendio, come un qualsiasi impiegato che il pomeriggio svolga lavoretti extra.
Se appare quanto meno singolare un appannaggio degno del Maharaja di Jaipur in un Paese dove alcuni anziani si suicidano per miseria e disperazione, non saprei come definire il caso di quei dirigenti che intascano principeschi bonus alla fine dell’incarico. Vi chiederete: a missione compiuta? Non esattamente. I generosi ringraziamenti d’addio vengono corrisposti qualunque sia l’esito di gestione dell’ente o dell’impresa; per cui può accadere, ed è successo davvero, che un’azienda in picchiata (mai definizione fu più consona) abbia staccato un assegno da 3 milioni di euro a fine rapporto. Nome dell’azienda, Alitalia, nome dell’amministratore, Cimoli. Il quale anni prima aveva incassato altri 6 milioncini da una “ditta” notoriamente ben gestita, Ferrovie dello Stato. Ora, premesso che un nostro qualsiasi concittadino, anche il compianto Piripillì, se investito di quegli incarichi, li avrebbe portati a termine con almeno pari diligenza ed efficacia ma con minor esborso per le tasche dei contribuenti, mi si esenti da ogni commento: in famiglia mi hanno impartito buone maniere, non vorrei contravvenire proprio adesso.

venerdì 22 marzo 2013

Il Galatino anno XLVI n° 6 del 22 Marzo 2013


Dalla Pampa con Amore

Il collezionista di senatori (3 milioni cadauno, all’ingrosso) dichiara, stavolta con qualche fondamento, di “non poter vedere” i magistrati del tribunale di Milano. Anche l’ultimo dei cittadini – digiuno di oculistica, come i più– è stato ampiamente informato sulla uveite e sugli impedimenti legali derivanti dalla patologia oftalmica che, per primo chi scrive, dal nome avremmo facilmente scambiato per un liquore alla frutta: “Un bicchierino di uveite?” “Grazie signora, sono astemio, come se avessi gradito”.
In contrasto evidente con le stucchevoli liturgie politiche da basso impero, porta una ventata di freschezza quel quivis de populo venuto dalla “fine del mondo”, che nel nome e nei primi gesti da Pontefice si ispira al poverello d’Assisi. I rumours vaticani raccontano che, alla prima vestizione, abbia rifiutato la mozzetta, la stola rossa bordata d’ermellino cara al suo predecessore, con una frase significativa: “È finito il carnevale”, e si sia presentato al balcone ornato solo di una croce di metallo vile. Uno schiaffo morale per qualche cardinale di Santa Romana Chiesa che usa spostarsi a bordo di una Bentley da 200.000 euro con autista.
Apprendiamo pure che l’ultimo successore di Pietro intende guidare una Chiesa povera per i poveri. Santità, Vi basterà varcare le mura leonine ed il Vostro desiderio potrà facilmente realizzarsi: qui in Italia la dittatura degli usurai (non più umana di quella che Voi avete conosciuto in patria) ha realizzato la società ideale per il Vostro Santo Magistero, con 59 milioni di indigenti. Il milione restante prospera grazie a politica e malavita, che coincidono, a queste latitudini.

venerdì 8 marzo 2013

Il Galatino anno XLVI n° 5 dell'8 Marzo 2013


Troppi grilli per la testa

Nell’ultima edizione di questo foglio ho ironizzato sullo spot di un partito, parlando di voto inutile. Conclusi i ludi cartacei, non ho cambiato idea. Le alte cariche istituzionali svolazzano giulive tra Washington e Berlino, come garrule lindaneddhre, per farsi imbeccare la linea politica. Sembra che il responso delle urne dispiaccia ad Adolfa Merkel ed Obama, preoccupati che le loro iene siano bloccate nel lugubre spolpamento della carogna italica. Ma parte dell’elettorato “ha deciso di decidere” in autonomia beffandosi dello spread e delle neanche tanto velate minacce degli eurocrati: il mamau della (presunta) governabilità e del rischio default non funziona più, certo larga percentuale dei votanti ignora felicemente i media di regime che hanno esaltato Mariuolo ed i suoi compagni di merende. Effetto secondario di questa tornata elettorale è infatti la tardiva scoperta, da parte dei guru dell’informazione, che giornali e televisioni contano poco o nulla nell’indirizzo del voto. Le analisi degli sconfitti sono illuminanti paragrafi di psicopatologia politica. Fini, uscendo di scena, sibila “Ha perso l’Italia, il peggio deve venire”. Tradotto dal lessico infantile, “Non mi avete fatto giocare, adesso chiamo mamma per picchiarvi”. Smette i panni del gentleman l’algido Monti e mostra la sua vera indole, scaricando gli alleati puniti dall’elettorato. Il giaguaro dalla pelliccia ancora maculata conferma la fama buzzurra ed invita una scrutatrice a sorridere, piccato dall’espressione disgustata della giovane al suo ingresso nel seggio. I premi Nobel per la coerenza Bersani e Vendola si ricredono su Grillo nel giro di 24 ore: ieri un volgare populista e cripto-fascista, interlocutore serio ed affidabile oggi. Superfluo aggiungere commenti.
Piuttosto piace calarsi nel mondo reale, rammentando più o meno remoti episodi legati alle operazioni di voto. Chi scrive ha vissuto l’esperienza di guardia (da aviere) e di scrutatore. E ricorda di aver trovato nelle schede, al momento dello spoglio, una vasta gamma di frasi e cadeaux. Tralasciando le volgarità (dai consigli rivolti a tutti i politici sul “luogo” figurato ove eventualmente recarsi, agli espliciti apprezzamenti sulla moralità delle loro madri), mi sovvengono due gustose scenette: quella di un presidente di seggio che, aperta una scheda, vi rinviene, scrupolosamente piegata in quattro, una fetta di mortadella del tipo “Bologna”; no, nessun riferimento al noto politico di sinistra dall’espressione perspicace, ai tempi oscuro professore fatto in casa DC, poi creato (per meriti di tessera) capo dell’IRI e piazzista dei gioielli economico-industriali italiani. La fetta odorosa doveva intendersi antipasto simbolico di pantagrueliche “mangiate” parlamentari. Ed infine ricordo bene lo sguardo imbarazzato di una scrutatrice nel mostrare all’intero seggio il profilattico sortito dalla scheda, inusato. Esortazione (purtroppo inascoltata) di un arguto elettore alla classe politica affinché, controllando gli ardori carnali, non incrementasse quella già troppo numerosa prole la cui mamma è sempre incinta.

giovedì 21 febbraio 2013

Il Galatino anno XLVI n° 4 del 22 Febbraio 2013


Voterà? Non voterà? (chi ci legge lo saprà)

Se votare servisse a cambiare qualcosa, non ce lo lascerebbero fare- (Mark Twain).

L’Italia non è uno stato sovrano. Lo era la parte più ricca ed evoluta della penisola, quella pugnalata alle spalle nel 1860 dal Caino sabaudo, debitore del ramo francese dei Rothschild. La sceneggiata squallida detta “Risorgimento”, in effetti una sanguinaria rapina a mano armata, è fonte battesimale degli attuali disastri. Il regno e la repubblica seguenti ereditano infatti i geni del tradimento, della corruzione e del servaggio propri dei venerati “Padri della Patria” piemontesi.
È una colonia militare, col territorio occupato da più di 100 basi USA completamente sottratte al controllo delle nostre Forze Armate. Come a Niscemi dove la marina americana sta impiantando un sistema di telecomunicazioni (sospetto di cancerogenicità) contro il volere dei Siciliani e del nuovo governatore Crocetta. L’ultimo a tenere la schiena dritta con gli USA è stato Bettino Craxi con il caso Sigonella: sappiamo come ha concluso i suoi giorni. Le “missioni di pace” imposteci dall’ONU sono né più né meno che guerre non dichiarate nei confronti dei paesi detentori di risorse energetiche, in favore delle multinazionali petrolifere (esclusa l’italiana ENI). Avremo a breve una superpolizia europea (Eurogendfor) dal potere molto discrezionale e svincolata da qualsiasi autorità: l’unica analogia che si ricordi risponde al nome di Gestapo.
È una colonia finanziaria. In primis, non abbiamo una moneta sovrana, ma la acquistiamo dalla BCE (banca privata, è bene ribadirlo) in cambio di titoli del debito pubblico, ovvero cambiali firmate in nome nostro e dei nostri figli. Poi le leggi in materia di spesa (sanità, educazione, giustizia) sono soggette all’approvazione della commissione europea gestita dalla BCE, secondo i parametri stabiliti dal MES (fondo di stabilità) su cui, al pari della costituzione europea, nessuno di noi è stato chiamato ad esprimersi.
Per quanto sopra, questo paese è una colonia politica, avente un parlamento ed un governo da corte ottomana esautorati delle loro attribuzioni, tranne quella meramente decorativa di ratifica delle decisioni prese a Francoforte, indipendentemente dal colore. In questa comunità europea, però, il potere è asimmetrico. Alcune nazioni comandano, altre eseguono: noi seguiamo ed eseguiamo. Prova recente ne sia che il segretario del partito che un tempo proteggeva i lavoratori ed ora le fallite banche di casa, è volato a Berlino ad implorare da Frau Merkel il placet al suo patto elettorale con Monti. In caso di vittoria, i sedicenti eredi di Enrico Berlinguer finiranno di affamare la povera gente in combutta con l’usuraio di Varese, per sostenere le economie e le banche di Germania e Francia. L’esempio greco fa scuola.
Conclusioni (molto personali)? Sono tentato di evitare il seggio per non svilire ulteriormente la mia dignità di cittadino e per non restare deluso ancora una volta, avendo sostenuto un movimento di protesta che potrebbe dividersi in parlamento sedotto dai milioni di euro che stanno mettendo sul tavolo i danti causa internazionali di Mariuolo. In alternativa, non mi fido di ex magistrati che si ergono a Savonarola del sistema (avendone fatto parte come funzionari): i precedenti non depongono a favore. Purtroppo non vedo presenti nel mio collegio forze genuinamente meridionaliste, le uniche cui darei il consenso. Abbondano invece gli ascari portatori di voti ai potentati nordisti: supini manutentori dello status quo meridionale di colonia interna d’una colonia, consumatrice di scadentissimi beni/servizi prodotti al nord ed esportatrice di tecnici ed intellettuali low cost. Infine, verso tutto il panorama politico itagliano nutro un’incoercibile, atavica ripugnanza.
Perciò, come i Briganti contemporanei (a loro la mia simpatia ed il mio affetto) che rifiutano in toto lo stato che usurpa dal 1860 la nostra Nazione, forse rimarrò a casa per non prestarmi alla farsa elettorale, in ossequio al motto antico “Guvernu ‘talianu guvernu bbuttanu”. 

lunedì 18 febbraio 2013

Pompeo de lu barbiere - 16 Febbraio, Galatina.it


“Pompeo, ‘nsapuna!”. E Pompeo, 8 anni e mezzo, discipulo di barbiere, vota veloce il pennello nella vucalina di alluminio della crema da barba fino a ‘mpastare una schiuma bianca e densa, che strica sulle guance del cliente. “Mescio Tore, pronti!”. E così ogni vespara, nel salone di Vico della Gatta. Spazzare i residui di taglio da terra, pulire il lavandino ad ogni barba e capelli, tornare a casa con qualche moneta da 10 lire delle mance in poscia. E, stracco morto, dopo cena mandare a memoria la tabellina del 7 e fare il riassunto.
Ancora lontano, sente pàtrisa già ubriaco alle 8 della sera, dopo la putìa, litacare per strada col vicino, compare Uccio: “Scusa, compare, ma stu parcheggio pe’ l’Apu te lo hai stipulato? Ma cce aggiu ffare, una rinuncia ai Carbunieri cu te spostu de cquai?”. La mamma lo tira per un braccio, cridando più forte di lui. “Cici! Maledettu ‘mbriacone, faci me scornu sempre! Trasi, trasi ccasa, moi ha trasire!”.
“Signora, il bambino è bravo ma… lo vedo stanco, ultimamente. Come mai, che succede? Dovete farlo studiare, promette bene.” dice la maestra Assuntina alla mamma. “Coltroppo, maestra ‘Ssuntina, il vagnone ‘iuta ‘ccasa. La vespara fatìa ddhra mescio Tore Canemorto, dietro a Santo Pantaleo”. Ma osce è giornata speciale e Pompeo torna ‘ccasa sorridendo. Maestra ‘Ssuntina lo ha chiamato alla cattedra per l’interrogazione di scienze, lui ha risposto a tutte le domande. La maestra gli ha detto “Bravo!” e gli ha messo 10 sul quaderno, poi ha tirato fuori dalla borsa una Rossana e gliel’ha regalata.
“Dottore, c’è il paziente dell’appuntamento delle 6”. Il dottor Pompeo rimette nella tasca del camice una vecchia foto ingiallita della IIIa D anno scolastico 1966-67, asciuga una lacrima e tira su col naso, di spalle all’infermiera. “Un po’ di raffreddore, signorina. Faccia entrare il paziente, grazie”.

venerdì 8 febbraio 2013

Il Galatino anno XLVI n° 3 dell'8 Febbraio 2013


Avviso agli elettori (terza parte)


Vincendo la naturale repulsione, affrontiamo il fenomeno strapaesano delle case putìa, eredità degli anni del trasformismo. Con questo termine dialettale indichiamo quei partiti politici, ora ai minimi dei consensi, guidati da ristrettissimi clan legati da vincoli di parentela ed interessi molto profani. Ne sono massimi esponenti Pierfurby e Gianfry, i gemelli Kessler di Montecitorio, le cui formazioni sondaggi recenti attestano tra lo 0 ed il 2% delle intenzioni di voto. Sentendosi mancare il terreno sotto i piedi, gli scaltri giovanotti (e sì, perché in Italia a 60 anni sei un politico di primo pelo) hanno pensato bene di accasarsi col Marionetto della premiata ditta Furti &  Rapine Goldman Sachs, cui non mancano mezzi finanziari ed appoggi internazionali ai quali “non si può dire di no”. E siccome nessuno meglio di chi ha già tradito conosce trucchi ed inganni del mestiere, e quindi sa mettersi al riparo dalle imboscate, ecco che nelle liste abbondano i fedelissimi: parenti stretti ed acquisiti, affini, collaterali, istitutori, famigli e servitù della gleba. Tutti insieme appassionatamente, uniti dal nobile ideale della tavola imbandita. Nel caso de quo fa d’uopo che un suocero, palazzinaro e proprietario di testate (una delle quali ben nota a noi Salentini), metta a disposizione tali servizievoli ribalte editoriali all’amato genero, al suo partitino ed ai suoi candidati. L’autorevolezza delle loro dichiarazioni (imperdibili lezioni magistrali di scienze politiche) rifulge anche da noi, qui in periferia.

Dell’altro gemello Kessler, eleganza impone di non andare a rovistarne la casa putìa. In soffitta, si suppone, potremmo ritrovare vecchie foto col braccio destro alzato e camicie nere un po’ troppo inamidate per immaginarne un uso che non fosse solo da parata, da congresso di partito. Abbandonata la chincaglieria nostalgica, il Giano bifronte ha poi superato con lode il cursus honorum del Vero Democratico: socio d’avventure politiche, come si è detto, col sempiterno Papi, poi smarcatosi dall’alleato imbarazzante. E via via tra professioni di sincero antifascismo, visite ossequiose ai templi ebraici ed a quelli della finanza (attigui ai primi), scambi di tenerezze istituzionali col vecchio del colle. I bagni purificatori sortiscono l’effetto sperato ed il ragazzo siede sul terzo scranno per importanza della barcollante repubblica itagliana. Hic manebimus optime, fa sapere, anche quando lo invitano a sloggiare, pure in modo spiccio, per questioni di abitazioni monegasche e cognati disinvolti in affari: “tiene famiglia” anche lui. Ma ormai è andato tanto avanti verso il luminoso futuro e l’agognata libertà, che voltandosi scopre di aver perso per strada la truppa: si stima allo 0,1% il suo peso elettorale nelle prossime consultazioni.

Concludendo la trilogia degli avvisi agli elettori: voltate e fate voltare, se ritenete opportuno.


P.s.: Nel prossimo numero, l’ultimo prima della chiamata alle urne, una sorpresa “alla Pasquino”. Riveleremo perché, a nostro avviso, le elezioni sono del tutto inutili, qualsiasi sia il loro risultato.

venerdì 25 gennaio 2013

Il Galatino anno XLVI n° 2 del 25 Gennaio 2013


Avviso agli elettori (seconda parte)
Perché, quando sento parlare di urne, immagino quelle “all’ombra de’ cipressi” e “confortate di pianto”? Forse per la funerea mimica facciale del Professor Bilderberg, il precamorti dell’economia italica? Va beh, parliamo d’altro e dunque, errata corrige: nel precedente numero del nostro giornale includevo Rutelli tra gli alleati di Monti. Sbagliato, er Piacione non si presenta. Lo so, è una notizia che agita i nostri sonni e cambia il corso della storia, ma ce ne faremo una ragione. Manifestazioni di giubilo invece in Calabria, per la candidatura della senese Bindi Rosaria detta Rosi, una debuttante; segno tangibile della considerazione che il PD, come tutti i partiti nazionali, ha di noi Sudici. La stessa logica ha suggerito il nome della new entry siciliana, tale Anna Finocchiaro, nel collegio di Taranto. I nostri fratelli della antica e gloriosa Città jonica hanno chi li salverà dal disastro ambientale e dalla tragedia dell’epidemia di tumori, il taumaturgo del problema disoccupazione. Tappeti rossi, fanfara e striscioni di benvenuto, quindi, per la esordiente ragusana sulle sponde dei Due Mari, dove dimenticherà i problemi giudiziari del marito. “Roba bella, roba fresca, venite gente!”. Stesso slogan nel PDL, di cui un ex enfant prodige sceglie le candidature in Puglia e Basilicata. Todos Caballeros in lista, i fuori squadra avranno una speranzella, un posto nelle formazioni gregarie della serie B politica, dove la magica parola “Sud” nel simbolo di partito è lo specchietto per le allodole votanti. Per i trombati d’ogni bandiera e colore, nessuna paura di rottamazioni: riceveranno l’ambìto premio di consolazione, ovvero una poltrona in qualche sperduto ente del parassitismo, con dignità di ruolo e remunerazione direttamente proporzionali al risultato elettorale. Peccato interrompere questa simpatica usanza tribale passata ab antiquo di generazione politica in generazione, ineluttabile come l’avvicendarsi delle stagioni.
Tu, caro Lettore, pensavi di vivere in partibus infidelium ed invece ti accorgi di quanta stima abbiano di Te e della Tua intelligenza levantina: Ti mandano il fior fiore della paleontologia politica, sicuri del tuo consenso sulla scheda. In fondo eri e resti Terrone, figlio cadetto di questa Patria, madre premurosa del primogenito Tosco-Padano: pretenderesti addirittura di essere rappresentato a Roma da qualcuno che faccia i Tuoi interessi? Vota i Tuoi “ascari” e taci, Elettore del Sud, come prima di Te hanno fatto genitori ed avi dal 1861. Avrai poi tempo per disilluderti lontano dal paesello, tornando alla Tua vita da emigrato, oppure in casa, dopo l’invio dell’ennesimo curriculum senza esito. Dicono che un Tizio, per sfamare una folla di seguaci, abbia moltiplicato pani e pesci: nonostante questo non fu creduto. Qui a Galatina nel 2013 si dà fiducia a certi (meno dotati di carisma di quel Tale) che, sotto elezioni,  stanno millantando posti di lavoro in un ipermercato che è ancora un pio desiderio. Misteri luminosi della fede politica.
Ma se proprio Tu, in un sussulto d’orgoglio dei tuoi geni briganteschi, volessi osare un gesto di ribellione, converrebbe porre ai Tuoi cari candidati qualche domandina impertinente prima del voto. Erano in Parlamento ad approvare quando si decideva l’acquisto di 90 caccia americani F 35 (costo solo iniziale 12 miliardi di euro), di 4 sottomarini tedeschi (2 miliardi)? Si sono distratti quando si discuteva dei tagli alla Sanità, alle famiglie con diversamente abili? Hanno votato anche loro contro la riduzione dei loro stessi emolumenti e privilegi? In Regione, hanno approvato o no la chiusura di piccoli ospedali vicini alla gente, in favore di megastrutture sotto-casa-dell’onorevole che distribuiranno milioni alle cooperative emiliane, alle compagnie edilizie del nord? Sono in grado di spiegare il consenso sulle rapine della Lega a danno del Mezzogiorno? E soprattutto, viene anche dal loro scranno parlamentare la fiducia che ha mantenuto in piedi per 13 mesi la dittatura degli usurai?  Se, come prevedibile, non avrai risposta, trovala Tu nell’urna il 24 febbraio.

P.S.: Nel prossimo numero: sui partiti a conduzione familiare, anche detti “casa-putìa”. 

venerdì 11 gennaio 2013

Il Galatino anno XLVI n° 1 dell'11 gennaio 2013


Avviso agli elettori (prima parte)
Una vignetta può insegnare molto più di cento trattati. La pubblicità di una storica libreria galatinese, per la matita del nostro Melanton, mostra un gregge di ovini ipnotizzati dallo schermo della tv e, fuori dalla massa belante, l’unica pecora nera immersa nella lettura d’un libro.
Tutti i network nazionali offrono l’identica analisi politica, con impercettibili sfumature di lettura, per dare l’impressione di una pluralità d’opinioni inesistente. Monti il salvatore dei patrii destini, Monti l’integerrimo, Monti il traghettatore verso un futuro luminoso. Per chi ha memoria di un’epoca non troppo remota, il panorama dell’informazione è quello stagnante delle dittature del socialismo reale. Perciò chi scrive sente l’impegno civile di esprimere in breve, e con molta umiltà, la propria personale visione delle cose.
Monti, sic et simpliciter, è il volto “presentabile” delle più efferate lobbies mondialiste, un prodotto bancario-finanziario come i junk bonds ed i derivati che hanno portato al collasso l’economia occidentale. Amante delle banche, nemico giurato del Popolo, non è stato eletto ma imposto all’Italia con un golpe, Re Giorgio I°  esecutore, dai poteri forti della BCE e delle merchant bank alle cui scrivanie si sono formati altri con lui: parliamo di Prodi e Draghi. Lo ha ammesso con la consueta spocchia il ministro Fornero in un’intervista. Tanto è stato solerte il grigio ragioniere di Varese nel suo operato, da dimostrarlo per tabulas: gli indicatori economici (inflazione, produzione industriale, consumi, occupazione) sono precipitati sotto di lui. Un esempio per tutti: 4 miliardi di IMU incassati dalla gente, altrettanti donati ad una banca agonizzante, istituto notoriamente orbitante in una precisa area politica. Monti aveva un solo compito, e l’ha svolto in maniera impeccabile: finire l’opera di distruzione e colonizzazione dell’economia italiana già iniziata nel 1992, con “Mani Pulite” ed i primi governi “tecnici”. Risale a quel periodo il programma perverso di smantellamento dello stato sociale (culminato oggi con la cancellazione dei diritti dei lavoratori), di privatizzazione delle aziende pubbliche ora in mano straniera per la gran parte, di esautorazione della sovranità popolare sancita dall’art. 1 della Costituzione. Stiamo parlando di una serie logicamente concatenata di eventi successivi per i quali, a breve, centinaia di cittadini presenteranno esposti-denunce all’Autorità giudiziaria in numerose città italiane, contro le più alte cariche dello Stato ed i parlamentari tutti, per ipotesi di reato molto gravi. Ovviamente di ciò nulla trapela sugli organi di informazione di regime.
Per quanto detto, sento il dovere di avvisare quei pochi che leggeranno queste righe. Monti è un piccolo tassello di un progetto molto più ampio di dominio mondiale: avremo forse modo di parlarne in seguito. Per vincere la naturale diffidenza che questa figura obliqua suscita in una parte della pubblica opinione, è stata necessaria persino una “benedizione” della Chiesa, ottenuta grazie alle cointeressenze della finanza vaticana  con la pirateria economica, ma anche grazie ai buoni uffici di personaggi al tramonto, come il cattolico (?) Casini. Quanto questa operazione abbia giovato alla causa, ed all’immagine offuscata della Chiesa di Roma, lo vedremo poi. Fanno parte della compagnia del Professore altre figure minori e prossime all’oblio (Fini, Rutelli, Scognamiglio): riempitivi ininfluenti. Avremo piacere in particolare noi Meridionali nel sapere che chi adesso proclama solennemente di voler “salire in politica” si è vantato di essere “sceso” al Sud solo 4 volte. Ognuno tragga le sue conclusioni.
Nelle prossime edizioni di questo quindicinale daremo uno sguardo a quelle formazioni politiche che hanno sostenuto Monti in parlamento, votandone con convinzione ogni nefandezza, per presentarsi ora in competizione elettorale contro di lui. Forse in letteratura psichiatrica, alla voce “schizofrenia”, potremmo trovare ipotesi d’interpretazione su percorsi politici e mentali tanto sofferti.