Cronaca del desinare domenicale di Pasquino Galatino dalla suocera.
Si premetta che il sottoscritto PG, in compagnia di nutritissima schiera di mariti meridionali, si adatta obtorto collo al rito festivo del “pranzo in casa della mamma”.
Di buon mattino, la santa donna estrinseca la sua abilità culinaria nell’estrusione di un manufatto di consistenza lapidea, delle dimensioni cm 37 x 27, spessore cm 5, classificato in terminologia tecnica “pasta ‘llu furnu”: si presume composto da sostanza ignota alla scienza della nutrizione (probabile elemento transuranico ad alta radioattività), con elevata resistenza al taglio e corrosione secondo norme UNI EN 1739 e 1305, avente indice digeribilità pari a zero. Per tale ultima caratteristica paragonabile al porridge, indefinito pastone da alimentazione canina che per i sudditi di Sua Maestà Britannica rappresenta l’eccellenza della english cuisine, insieme al tristemente noto fish and chips.
Il manufatto viene servito alla temperatura media misurata a bordo piatto di 150° C., pure in piena canicola, in più porzioni singole pro capite, da consumarsi obbligatoriamente con evidente approvazione delle qualità organolettiche, altrimenti “la mamma si dispiace”. Si trangugiano le portate accompagnando ogni bolo mediante assunzione di cl. 10 di mieru per agevolare la deglutizione, simulando indifferenza per l’epiglottide ustionata.
Con più azioni del medesimo disegno criminoso, poi l’anziana aguzzina scodella in sequenza:
a) pampasciuni stumpati nella misura di 3 dozzine/commensale;
b) peparussi fritti di peso specifico 2800, quantità ad libitum, cioè quanti possa contenerne stomaco di balenottera azzurra dell’Antartico. Ed infine, quale portata di chiusura in leggerezza,
c) trionfo di paparine menate ll’oiu cu le vulìe, elaborata opera metafisica della tradizione culinaria grecanico-salentina.
Testimoni presenti descrivono con dovizia di particolari lo stato stuporoso-confusionale (“ubi consistam”) della vittima Pasquino Galatino nel post prandium, la ridotta capacità di deambulazione autonoma, le crisi mistiche nelle 24-48 ore seguenti la grande bouffe.
Si riferisce che, allo stato, non sono conosciuti in letteratura medica studi su modificazioni chimiche e morfologiche di stomaco umano sottoposto al trattamento dianzi descritto, né sui danni psichici permanenti del soggetto sottoposto a tortura.
Se qualcuno dei Lettori volesse interpretare in chiave metaforica questo pasquiniano “divertissement” estivo, lo faccia: ogni riferimento ad avvenimenti recenti è voluto. Più precisamente, si suggerisce l’ identificazione nella vittima Pasquino del popolo Galatinese, e nella figura della suocera la nostra impagabile (in tutti i sensi) Amministrazione.
Si premetta che il sottoscritto PG, in compagnia di nutritissima schiera di mariti meridionali, si adatta obtorto collo al rito festivo del “pranzo in casa della mamma”.
Di buon mattino, la santa donna estrinseca la sua abilità culinaria nell’estrusione di un manufatto di consistenza lapidea, delle dimensioni cm 37 x 27, spessore cm 5, classificato in terminologia tecnica “pasta ‘llu furnu”: si presume composto da sostanza ignota alla scienza della nutrizione (probabile elemento transuranico ad alta radioattività), con elevata resistenza al taglio e corrosione secondo norme UNI EN 1739 e 1305, avente indice digeribilità pari a zero. Per tale ultima caratteristica paragonabile al porridge, indefinito pastone da alimentazione canina che per i sudditi di Sua Maestà Britannica rappresenta l’eccellenza della english cuisine, insieme al tristemente noto fish and chips.
Il manufatto viene servito alla temperatura media misurata a bordo piatto di 150° C., pure in piena canicola, in più porzioni singole pro capite, da consumarsi obbligatoriamente con evidente approvazione delle qualità organolettiche, altrimenti “la mamma si dispiace”. Si trangugiano le portate accompagnando ogni bolo mediante assunzione di cl. 10 di mieru per agevolare la deglutizione, simulando indifferenza per l’epiglottide ustionata.
Con più azioni del medesimo disegno criminoso, poi l’anziana aguzzina scodella in sequenza:
a) pampasciuni stumpati nella misura di 3 dozzine/commensale;
b) peparussi fritti di peso specifico 2800, quantità ad libitum, cioè quanti possa contenerne stomaco di balenottera azzurra dell’Antartico. Ed infine, quale portata di chiusura in leggerezza,
c) trionfo di paparine menate ll’oiu cu le vulìe, elaborata opera metafisica della tradizione culinaria grecanico-salentina.
Testimoni presenti descrivono con dovizia di particolari lo stato stuporoso-confusionale (“ubi consistam”) della vittima Pasquino Galatino nel post prandium, la ridotta capacità di deambulazione autonoma, le crisi mistiche nelle 24-48 ore seguenti la grande bouffe.
Si riferisce che, allo stato, non sono conosciuti in letteratura medica studi su modificazioni chimiche e morfologiche di stomaco umano sottoposto al trattamento dianzi descritto, né sui danni psichici permanenti del soggetto sottoposto a tortura.
Se qualcuno dei Lettori volesse interpretare in chiave metaforica questo pasquiniano “divertissement” estivo, lo faccia: ogni riferimento ad avvenimenti recenti è voluto. Più precisamente, si suggerisce l’ identificazione nella vittima Pasquino del popolo Galatinese, e nella figura della suocera la nostra impagabile (in tutti i sensi) Amministrazione.
Pasquino Galatino
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