“Muri appesi ai Crocifissi”. E’ un verso della canzone “Attimo” di Gianna Nannini che ho riascoltato oggi per radio. Non nutro grande trasporto per questa cantautrice, trovo eccessivi certi atteggiamenti, ed alcune sue pose studiate ad arte per “epater le bourgeois”, fare rumore, quindi mettere il talento al servizio del conto corrente. Alcuni suoi brani invece sono musicalmente innovativi e godibili.
Mi ha fatto riflettere, in quella frase, l’inversione ideale dei termini, fantasiosa e di sicuro cercata dalla Nannini per creare un effetto originale, “spiazzante”.
Ma è il Crocifisso a sostenersi al muro? Oppure è veramente il contrario, come afferma il verso della canzone?
I miei pensieri associativi si soffermano per un attimo sulle tristi immagini del terremoto in Abruzzo: case distrutte, pareti sbrecciate delle quali rimangono in piedi solo parti irregolari dalla vaga forma di stalagmiti, in equilibrio precario. A volte in mezzo a questi ruderi appaiono i resti di quelle che erano stanze da letto: sui muri, i Crocifissi. Testimonianza silenziosa, dolente anche, della presenza consolatrice del Cristo persino nel lutto e nella distruzione.
I due segmenti della Croce: intersezione di alto, spirito, trascendenza (il braccio verticale), e basso, materia, immanenza (quello orizzontale), simboli della natura insieme divina ed umana di Gesù, Dio e Uomo. Segmenti di pari lunghezza nella Croce greca, disuguali in quella latina. Suggeriscono forse concezioni diverse della natura del Cristo nelle due confessioni sorelle?
INRI: “Iesus Nazarenus Rex Iudeorum, Gesù Nazareno Re dei Giudei”. Nazareno non da Nazareth (città non ancora fondata ai tempi di Cristo) ma seguace della setta (dopo di Lui) cristiana-giudaizzante dei Nazareni.
INRI: “Igne Natura Renovatur Integra, per mezzo del fuoco la natura si rinnova completamente”. Questa è invece l’interpretazione alchemica, blasfema per alcuni, dell’acronimo iscritto sul cartiglio apposto sulla Croce. Affermazione che a me ricorda la forza del fuoco sotterraneo che scioglie e smuove la roccia degli strati sovrastanti, ed è causa (tra le altre) dei terremoti. E’ quel fuoco che, indirettamente, distrugge e rinnova la natura, pur nel dolore causato agli uomini. Dolore variamente distribuito secondo un Ordine che ci sfugge.
Il Pantocrator, Governatore di tutte le cose, traccia un disegno che prevede la venuta in Terra del Figlio di Dio fattosi Uomo, la sua morte ed il suo sacrificio per la salvezza dell’Umanità. Così come Egli destina anche ad ognuno di noi un disegno, che al nostro limitato intelletto non è consentito abbracciare nella sua interezza. “State contenti, umana gente, al quia; chè, se potuto aveste veder tutto, mestier non era parturir Maria.”
Ci è data forse libertà, nel quadro della nostra esistenza terrena, di variarne linee e colori, secondo nostra inclinazione e giudizio; ma il perimetro della sua cornice è preordinato ed immutabile.
Gentile Professore, stavolta non so proprio perché condivido questi miei pensieri peregrini ed in apparenza slegati fra loro: so di rischiare l’etichetta di “mente bizzarra”. Ho trascritto questa disorganizzata sequenza di elucubrazioni, mostrando “il Pasquino che non ti aspetti”, senza alcun fine se non quello di farVene partecipi. Grazie per aver letto, forse con qualche perplessità.
Per due sane risate, ci sentiamo alla prossima.
Pasquino Galatino
Mi ha fatto riflettere, in quella frase, l’inversione ideale dei termini, fantasiosa e di sicuro cercata dalla Nannini per creare un effetto originale, “spiazzante”.
Ma è il Crocifisso a sostenersi al muro? Oppure è veramente il contrario, come afferma il verso della canzone?
I miei pensieri associativi si soffermano per un attimo sulle tristi immagini del terremoto in Abruzzo: case distrutte, pareti sbrecciate delle quali rimangono in piedi solo parti irregolari dalla vaga forma di stalagmiti, in equilibrio precario. A volte in mezzo a questi ruderi appaiono i resti di quelle che erano stanze da letto: sui muri, i Crocifissi. Testimonianza silenziosa, dolente anche, della presenza consolatrice del Cristo persino nel lutto e nella distruzione.
I due segmenti della Croce: intersezione di alto, spirito, trascendenza (il braccio verticale), e basso, materia, immanenza (quello orizzontale), simboli della natura insieme divina ed umana di Gesù, Dio e Uomo. Segmenti di pari lunghezza nella Croce greca, disuguali in quella latina. Suggeriscono forse concezioni diverse della natura del Cristo nelle due confessioni sorelle?
INRI: “Iesus Nazarenus Rex Iudeorum, Gesù Nazareno Re dei Giudei”. Nazareno non da Nazareth (città non ancora fondata ai tempi di Cristo) ma seguace della setta (dopo di Lui) cristiana-giudaizzante dei Nazareni.
INRI: “Igne Natura Renovatur Integra, per mezzo del fuoco la natura si rinnova completamente”. Questa è invece l’interpretazione alchemica, blasfema per alcuni, dell’acronimo iscritto sul cartiglio apposto sulla Croce. Affermazione che a me ricorda la forza del fuoco sotterraneo che scioglie e smuove la roccia degli strati sovrastanti, ed è causa (tra le altre) dei terremoti. E’ quel fuoco che, indirettamente, distrugge e rinnova la natura, pur nel dolore causato agli uomini. Dolore variamente distribuito secondo un Ordine che ci sfugge.
Il Pantocrator, Governatore di tutte le cose, traccia un disegno che prevede la venuta in Terra del Figlio di Dio fattosi Uomo, la sua morte ed il suo sacrificio per la salvezza dell’Umanità. Così come Egli destina anche ad ognuno di noi un disegno, che al nostro limitato intelletto non è consentito abbracciare nella sua interezza. “State contenti, umana gente, al quia; chè, se potuto aveste veder tutto, mestier non era parturir Maria.”
Ci è data forse libertà, nel quadro della nostra esistenza terrena, di variarne linee e colori, secondo nostra inclinazione e giudizio; ma il perimetro della sua cornice è preordinato ed immutabile.
Gentile Professore, stavolta non so proprio perché condivido questi miei pensieri peregrini ed in apparenza slegati fra loro: so di rischiare l’etichetta di “mente bizzarra”. Ho trascritto questa disorganizzata sequenza di elucubrazioni, mostrando “il Pasquino che non ti aspetti”, senza alcun fine se non quello di farVene partecipi. Grazie per aver letto, forse con qualche perplessità.
Per due sane risate, ci sentiamo alla prossima.
Pasquino Galatino
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