Gentilissimo Professore
sottoscrivo la Sua risposta a Massimo Negro, è quella che avrei dato anch'io, certamente in maniera meno efficace di quanto ha fatto Lei. In una delle prime pasquinate, affermavo che vorrei che ogni Galatinese potesse appropriarsi della mia "invenzione" e palesare per mezzo di questa le proprie idee, le proposte, i malumori. Non ho cambiato opinione: PG è una lavagna su cui ognuno può scrivere liberamente. Le dò atto che lo spazio che concede non è soggetto ad alcuna censura, anche quando non condivide le mie posizioni, il che avviene spesso. Credo che sia un Suo habitus mentale, prima ancora che retaggio della Sua militanza politica radicale. La tolleranza che dimostra verso idee diverse dalle Sue è una predisposizione al dialogo, all' ascolto, che appartiene anche a me. Ma vengo ad altro. La Pasqua imminente mi induce a condividere alcune riflessioni personali, che de relato attengono anche al concetto di tolleranza religiosa.Chi scrive ha raggiunto la fede attraverso la ragione, dopo aver fatto della ragione la propria fede (presunzione intellettuale giovanile, favorita da studi, frequentazioni e temperie culturale dell' epoca... ). E' stato un percorso lungo e sofferto, tanto intimo da renderlo ineffabile, e quindi di nessuna utilità per gli altri, a mio modo di vedere. Se ne parlo, solo en passant, è perchè quanto dico è propedeutico a far conoscere una mia curiosità altrimenti inspiegabile. C'è qualcosa che unisce i tre grandi monoteismi, sono le correnti di misticismo proprie di ciascuna religione. Il misticismo è "quella corrente teologica che predica come principio autentico dell'esperienza religiosa il contatto irrazionale e sentimentale con la propria interiorità, nella quale si specchia e si riscontra il divino. Il mistero, dal quale deriva il termine, è ciò che non si palesa razionalmente". Penso al Sufismo nell' Islam e al culto della Kabbalah nell' Ebraismo. Sono approcci affatto singolari alla Fede, non per questo meno ortodossi, sebbene il Sufismo sia fortemente e sanguinosamente avversato dagli Islamici più integralisti.Bene, chi scrive ritiene che la Chiesa "Mater et magistra" possa agevolmente accettare che piccola parte dei Suoi fedeli, io tra questi, amino assistere alla funzione pre-conciliare, quella cosiddetta di rito tridentino. Vulgo, la "Messa in latino". Sono tante le motivazioni di questa preferenza. Principalmente, parlo a nome mio personale, vedo nella lingua ufficiale della Chiesa una ieraticità propria e sconosciuta alle altre, che avvicina il fedele alla sacralità della funzione. Nulla da obiettare a chi preferisce chitarre elettriche e cori gospel, questione di predisposizione interiore. Io credo che la vita profana mi offra occasioni innumerevoli di svago, tante da impedirmi di cercarle anche nel luogo sacro, deputato al raccoglimento intimo, alla preghiera ed all'elevazione spirituale.Ho avuto la fortuna di assistere, tra le altre, ad una funzione in rito tridentino in un'abbazia benedettina della Svizzera tedesca, con il coro "Salve Regina" intonato dai venerabili Padri. Per descrivere lo stato quasi di estasi mistica provato, viene in soccorso il Divino Poeta: "Trasumanar significar per verba non si poria..."Chiedo, se qualcuno addentro alle segrete cose riesca a rispondermi: perchè tanta freddezza (non voglio dire ostracismo) nei confronti del rito antico, mostrata dalla maggior parte del clero?E' Pasqua di Resurrezione, una Pasqua tristissima per il lutto collettivo. Auguro di cuore serenità e pace a tutti.
Pasquino Galatino
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